lunedì 28 novembre 2016

Rimettere al centro la persona in Europa (DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AL PARLAMENTO EUROPEO Strasburgo, Francia Martedì, 25 novembre 2014)

Nel rivolgermi a voi quest’oggi, a partire dalla mia vocazione di pastore, desidero indirizzare a tutti i cittadini europei un messaggio di speranza e di incoraggiamento.
Un messaggio di speranza basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici potenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa - insieme a tutto il mondo - sta attraversando. Speranza nel Signore che trasforma il male in bene e la morte in vita.
Incoraggiamento a tornare alla ferma convinzione dei Padri fondatori dell’Unione europea, i quali desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme per superare le divisioni e per favorire la pace e la comunione fra tutti i popoli del continente. Al centro di questo ambizioso progetto politico vi era la fiducia nell’uomo, non tanto in quanto cittadino, né in quanto soggetto economico, ma nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente.
Mi preme anzitutto sottolineare lo stretto legame che esiste fra queste due parole: “dignità” e “trascendente”.
La “dignità” è una parola-chiave che ha caratterizzato la ripresa del secondo dopoguerra. La nostra storia recente si contraddistingue per l’indubbia centralità della promozione della dignità umana contro le molteplici violenze e discriminazioni, che neppure in Europa sono mancate nel corso dei secoli. La percezione dell’importanza dei diritti umani nasce proprio come esito di un lungo cammino, fatto anche di molteplici sofferenze e sacrifici, che ha contribuito a formare la coscienza della preziosità, unicità e irripetibilità di ogni singola persona umana. Tale consapevolezza culturale trova fondamento non solo negli avvenimenti della storia, ma soprattutto nel pensiero europeo, contraddistinto da un ricco incontro, le cui numerose fonti lontane provengono «dalla Grecia e da Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, e dal cristianesimo che li ha plasmati profondamente»[2], dando luogo proprio al concetto di “persona”.
Oggi, la promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell’impegno dell’Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona, sia al suo interno che nei rapporti con gli altri Paesi. Si tratta di un impegno importante e ammirevole, poiché persistono fin troppe situazioni in cui gli esseri umani sono trattati come oggetti, dei quali si può programmare la concezione, la configurazione e l’utilità, e che poi possono essere buttati via quando non servono più, perché diventati deboli, malati o vecchi.
Effettivamente quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, che non ha il lavoro che lo unge di dignità?
Promuovere la dignità della persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici.
Occorre però prestare attenzione per non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali - sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa.
Ritengo perciò che sia quanto mai vitale approfondire oggi una cultura dei diritti umani che possa sapientemente legare la dimensione individuale, o, meglio, personale, a quella del bene comune, a quel “noi-tutti” formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale[3]. Infatti, se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze.
Parlare della dignità trascendente dell’uomo significa dunque fare appello alla sua natura, alla sua innata capacità di distinguere il bene dal male, a quella “bussola” inscritta nei nostri cuori e che Dio ha impresso nell’universo creato[4]; soprattutto significa guardare all’uomo non come aun assoluto, ma come a un essere relazionale. Una delle malattie che vedo più diffuse oggi in Europa è la solitudine, propria di chi è privo di legami. La si vede particolarmente negli anziani, spesso abbandonati al loro destino, come pure nei giovani privi di punti di riferimento e di opportunità per il futuro; la si vede nei numerosi poveri che popolano le nostre città; la si vede negli occhi smarriti dei migranti che sono venuti qui in cerca di un futuro migliore.
Tale solitudine è stata poi acuita dalla crisi economica, i cui effetti perdurano ancora con conseguenze drammatiche dal punto di vista sociale. Si può poi constatare che, nel corso degli ultimi anni, accanto al processo di allargamento dell’Unione Europea, è andata crescendo la sfiducia da parte dei cittadini nei confronti di istituzioni ritenute distanti, impegnate a stabilire regole percepite come lontane dalla sensibilità dei singoli popoli, se non addirittura dannose. Da più parti si ricava un’impressione generale di stanchezza e di invecchiamento, di un’Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni.
A ciò si associano alcuni stili di vita un po’ egoisti, caratterizzati da un’opulenza ormai insostenibile e spesso indifferente nei confronti del mondo circostante, soprattutto dei più poveri. Si constata con rammarico un prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico[5]. L’essere umano rischia di essere ridotto a semplice ingranaggio di un meccanismo che lo tratta alla stregua di un bene di consumo da utilizzare, così che - lo notiamo purtroppo spesso - quando la vita non è funzionale a tale meccanismo viene scartata senza troppe remore, come nel caso dei malati, dei malati terminali, degli anziani abbandonati e senza cura, o dei bambini uccisi prima di nascere.
È il grande equivoco che avviene «quando prevale l’assolutizzazione della tecnica»[6], che finisce per realizzare «una confusione fra fini e mezzi»[7]. Risultato inevitabile della “cultura dello scarto” e del “consumismo esasperato”. Al contrario, affermare la dignità della persona significa riconoscere la preziosità della vita umana, che ci è donata gratuitamente e non può perciò essere oggetto di scambio o di smercio. Voi, nella vostra vocazione di parlamentari, siete chiamati anche a una missione grande benché possa sembrare inutile: prendervi cura della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone. Prendersi cura della fragilità dice forza e tenerezza, dice lotta e fecondità in mezzo a un modello funzionalista e privatista che conduce inesorabilmente alla “cultura dello scarto”. Prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli significa custodire la memoria e la speranza; significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante ed essere capaci di ungerlo di dignità[8].
Come dunque ridare speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi la fiducia per perseguire il grande ideale di un’Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri?
Per rispondere a questa domanda, permettetemi di ricorrere a un’immagine. Uno dei più celebri affreschi di Raffaello che si trovano in Vaticano raffigura la cosiddetta Scuola di Atene. Al suo centro vi sono Platone e Aristotele. Il primo con il dito che punta verso l’alto, verso il mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo; il secondo tende la mano in avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta. Mi pare un’immagine che ben descrive l’Europa e la sua storia, fatta del continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi.
Il futuro dell’Europa dipende dalla riscoperta del nesso vitale e inseparabile fra questi due elementi. Un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello “spirito umanistico” che pure ama e difende.
Proprio a partire dalla necessità di un’apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l’indipendenza delle istituzioni dell’Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l’hanno formata fin dal principio, quali la pace, la sussidiarietà e la solidarietà reciproca, un umanesimo incentrato sul rispetto della dignità della persona.
Desidero, perciò, rinnovare la disponibilità della Santa Sede e della Chiesa cattolica, attraverso la Commissione delle Conferenze Episcopali Europee (COMECE), a intrattenere un dialogo proficuo, aperto e trasparente con le istituzioni dell’Unione Europea. Parimenti sono convinto che un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e lepotenzialità, possa essere anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente, perché «è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza»[9].
Non possiamo qui non ricordare le numerose ingiustizie e persecuzioni che colpiscono quotidianamente le minoranze religiose, e particolarmente cristiane, in diverse parti del mondo. Comunità e persone che si trovano ad essere oggetto di barbare violenze: cacciate dalle proprie case e patrie; vendute come schiave; uccise, decapitate, crocefisse e bruciate vive, sotto il silenzio vergognoso e complice di tanti.
Il motto dell’Unione Europea è Unità nella diversità, ma l’unità non significa uniformità politica, economica, culturale, o di pensiero. In realtà ogni autentica unità vive della ricchezza delle diversità che la compongono: come una famiglia, che è tanto più unita quanto più ciascuno dei suoi componenti può essere fino in fondo sé stesso senza timore. In tal senso, ritengo che l’Europa sia una famiglia di popoli, i quali potranno sentire vicine le istituzioni dell’Unione se esse sapranno sapientemente coniugare l’ideale dell’unità cui si anela alla diversità propria di ciascuno, valorizzando le singole tradizioni; prendendo coscienza della sua storia e delle sue radici; liberandosi dalle tante manipolazioni e dalle tante fobie. Mettere al centro la persona umana significa anzitutto lasciare che essa esprima liberamente il proprio volto e la propria creatività, sia a livello di singolo che di popolo............

Buon cammino per l'Avvento .....Chesterton, poesia di Natale

Laggiù  una madre senza posa camminava,
fuori da una locanda ancora a vagare;
nel paese in cui lei si trovò senza tetto,
tutti gli uomini sono a casa.
Quella stalla malconcia a due passi,
fatta di travi instabili e sabbia scivolosa,
divenne qualcosa di così solido da resistere e reggere
più delle pietre squadrate dell’impero di Roma.
Perché tutti gli uomini hanno nostalgia anche quando sono a casa,
e si sentono forestieri sotto il sole,
come stranieri appoggiano la testa sul cuscino
alla fine di ogni giornata.
Qui combattiamo e ardiamo d’ira,
abbiamo occasioni, onori e grandi sorprese,
ma casa nostra è là sotto quel cielo di miracoli
in cui cominciò la storia di Natale.
Un bambino in una misera stalla,
con le bestie a scaldarlo ruminando;
solo là, dove Lui fu senza un tetto,
tu ed io siamo a casa.
Abbiamo mani all’opera e teste capaci,
ma i nostri cuori si sono persi – molto tempo fa!
In un luogo che nessuna carta o nave può indicarci
sotto la volta del cielo.
Questo mondo è selvaggio come raccontano le favole antiche,
e anche le cose ovvie sono strane,
basta la terra e basta l’aria
per suscitare la nostra meraviglia e le nostre guerre;
Ma il nostro riposo è lontano quanto il soffio di un drago
e troviamo pace solo in quelle cose impossibili,
in quei battiti d’ala fragorosi e fantastici
che volarono attorno a quella stella incredibile.
Di notte presso una capanna all’aperto
giungeranno infine tutti gli uomini,
in un luogo che è più antico dell’Eden
e  che alto si leva oltre la grandezza di Roma.
Giungeranno fino alla fine del viaggio di una stella cometa,
fino a scorgere cose impossibili che tuttavia ci sono,
fino al  luogo dove Dio fu senza un tetto
e dove tutti gli uomini sono a casa.


                                                             

 Chesterton, poesia di Natale 

domenica 23 ottobre 2016

Miracolo Eucaristico a Buenos Aires quando era arcivescovo papa Francesco

Nel 1996, quando papa Francesco era vescovo ausiliare a Buenos Aires, un noto Miracolo Eucaristico ebbe luogo. E’ lo stesso Papa attuale che chiese che la reliquia fosse fotografata ed il fatto fosse esaminato.
Nel 1996, quando papa Francesco era vescovo ausiliare del Cardinal Quarrancino a Buenos Aires, un noto Miracolo Eucaristico ebbe luogo. E’ lo stesso Papa attuale che chiese che la reliquia fosse fotografata ed il fatto fosse esaminato. I risultati sono stupefacenti. Il 18 agosto 1996 alle 19.00, il Padre Alejandro Pezet celebrava la S.Messa nella Chiesa che si trova nel centro commerciale della città. Mentre stava finendo di distribuire la S. Comunione, una donna si avvicinò per dirgli che aveva trovato una ostia gettata in fondo alla chiesa. Recandosi sul luogo indicato, Padre Alejandro video l’ostia profanata. Dal momento che non poteva consumarla, la mise in un piccolo contenitore d’acqua e mise il tutto nel tabernacolo della cappella del SS Sacramento. Lunedì 28 agosto, aprendo il tabernacolo, vide con grande stupore che l’ostia si era trasformata in una sostanza sanguinosa.
Egli informò Mons.Jorge Bergoglio che diede istruzioni perché l’Ostia fosse fotografata in modo professionale. Le fotografie, scattate il 6 settembre, mostrano chiaramente che l’ostia, che era diventata un frammento di carne sanguinante, era anche molto aumentata di dimensioni. Per molti anni l’Ostia rimase nel tabernacolo ed il fatto era rimasto nel più rigoroso silenzio. Dal momento che l’ostia non aveva subito alcuna visibile decomposizione, Mons.Bergoglio decise di farla analizzare scientificamente. Il 5 ottobre 1999, alla presenza dei rappresentanti di Mons.Bergoglio, divenuto arcivescovo, il dott. Castanon prelevò un campione del frammento sanguinante e lo inviò a New York per essere analizzato. Poiché non voleva influenzare i risultati dell’esame, decise di non rivelare l’origine del campione al team di scienziati. Uno degli scienziati era il noto cardiologo e patologo medico legale, il dotto Frederic Zugiba. Egli stabilì che la sostanza analizzata era vera carne e vero sangue contenente DNA umano. Zugiba dichiarò: “Il materiale analizzato è un frammento del muscolo cardiaco che si trova nella parete del ventricolo sinistro in prossimità delle valvole. Questo muscolo è responsabile della contrazione del cuore. Va ricordato che il ventricolo sinistro del cuore pompa sangue a tutte le parti del corpo. Il muscolo cardiaco in esame è in una condizione infiammatoria e contiene un gran numero di globuli bianchi. Ciò indica che il cuore era vivo al momento del prelievo. La mia tesi è che il cuore era vivo dal momento che i globuli bianchi, al di fuori di un organismo vivente, muoiono, perché hanno bisogno di un organismo vivente per sostenerli. Quindi la loro presenza indica che il cuore era ancora vivo quando il campione è stato preso. Per di più questi globuli bianchi sono penetrati nel tessuto, ciò indica che il cuore aveva subito un grave stress, come se il proprietario fosse stato picchiato duramente sul petto”.
Due australiani il giornalista Mike Willesee e l’avvocato Ron Tesoriero, furono testimoni di questi test. Conoscendo la provenienza del campione, furono sbalorditi dalle dichiarazioni del dott.Zugiba. Mike Willesee chiese allo scienziato per quanto tempo avrebbero potuto restare vivi dei globuli bianchi del sangue, qualora fossero appartenute ad un pezzo di tessuto umano conservato in acqua. Il dott Zugiba rispose che esse avrebbero cessato di esistere nel giro di pochi minuti. Il giornalista rivelò allora al dottore che il frammento dal quale era stato effettuato il prelievo, era stato tenuto per un mese in acqua normale e poi, per tre anni, in un contenitore di acqua distillata e che solo dopo ciò era stato prelevato il campione per l’analisi. Il dott Zugiba rimase molto colpito dai fatti e dichiarò che non esisteva alcuna spiegazione scientifica. A sua volta domandò: “Dovete spiegarmi una cosa: se questo campione proviene da una persona morta come è possibile che mentre esaminavo il campione, i globuli erano in movimento e pulsavano? Se questo cuore proviene da qualcuno che è morto nel 1996, come può essere tuttora in vita?” Solo allora Mike Willesee rivelò al dott Zugiba che il campione analizzato proveniva da un’Osta consacrata (pane bianco non lievitato) che si era misteriosamente trasformata in carne umana sanguinante. Sbalordito da questa informazione, il dott Zugiba rispose: “Come e perché un’ostia consacrata possa cambiare la sua specie per diventare carne viva e sangue umano, rimarrà un mistero inspiegabile per la scienza, una mistero del tutto al di là della mia competenza”.
Dopo questi fatti, il dott Ricardo Castanon Gomez dispose che il referto di laboratorio risultante dagli esami del campione dell’ostia di Buenos Aires, fosse messo a confronto con gli esami del Miracolo di Lanciano, ancora una volta senzarivelare l’origine del campione esaminato. Gli esperti che eseguirono questo confronto conclusero che i due referti riguardavano ambedue campioni provenienti dalla stessa persona. Segnalarono anche che i due campioni rivelavano sangue tipo AB +. Questo sangue rispetta le caratteristiche di un uomo nato e vissuto in Medio Oriente. Solo la fede nell’intervento straordinario di Dio può dare una risposta ragionevole! Dio desidera che prendiamo coscienza che Egli è veramente presente nel mistero dell’Eucarestia. Il Miracolo Eucaristico di Buenos Aires è un segno straordinario confermato dalla scienza. Attraverso questo segno Gesù desidera risvegliare in noi una fede viva nella sua Reale Presenza nell’Eucarestia, reale e NON simbolica. E’ solo con gli occhi della fede e non con i nostri occhi umani che lo vediamo sotto l’apparenza del pane e del vino consacrati. Nell’Eucarestia, Gesù ci vede e ci ama e desidera salvarci. (L’Arcivescovo Bergoglio è diventato Cardinale nel 2001 e questo Miracolo è stato pubblicato dopo lunghe ricerche).

Ritratti di Santi: S. Giovanni Paolo II (brano del libro di padre Antonio Sicari)

 Nel periodo che intercorse tra la fine dell’occupazione tedesca e l’organizzazione del potere sovietico, completò in maniera organica la formazione seminaristica e gli studi di teologia. A volte, però, anche il sacerdozio sembrava non bastargli: nella sua anima sentiva l’urgenza di una consacrazione a Dio più radicale, simile a quella di San Giovanni della Croce, il santo carmelitano che l’affascinava con la sua dottrina mistica. Così fece pubblicare, proprio sulla rivista dei carmelitani di Cracovia, un suo poema intitolato Canto sul Dio nascosto, di intonazione tipicamente sanjuanista, che era quasi una promessa a Dio: “Lentamente tolgo luce alle parole… e, piano, in tutto metto il nulla che attende l’alba della creazione, per creare uno spazio alle tue mani tese… O immenso! Occupi solo una minuscola cella ed ami luoghi solitari e vuoti. Poiché Tu sei il silenzio stesso, questo grande Tacere, da ogni suono di voce fammi libero, ed entra in me Tu solo, col tuo fremente essere e col vento che trema fra le mature spighe”. Per l’artista - che un tempo s’era completamente affidato al suono salvifico della “parola” e alla ribalta del palcoscenico - questa invocazione per accogliere il “grande silenzio” di Dio (“da ogni suono di voce fammi libero”) e questa aspirazione ad abitare una cella minuscola e solitaria indicavano una profonda maturazione interiore (alla quale alludevano le “spighe mature”). Ma l’arcivescovo di Cracovia, al quale Karol doveva obbedienza, non volle saperne di quella vocazione monastica. In quegli anni l’esigenza primaria era d’avere nuovi preti capaci di ricostruire, dato che il clero era stato decimato dai nazisti: 3.646 sacerdoti erano stati imprigionati o internati nei campi di concentramento; di essi 2.647 erano stati uccisi. In pratica era scomparso un terzo del clero polacco. Il giovane Wojtyla prometteva una riuscita eccezionale, e il Vescovo non volle perderlo. […] Negli ultimi anni, molti si chiesero perché mai Giovanni Paolo II volesse restare tenacemente al suo posto, “non avendo paura” nemmeno di esporre al mondo, in maniera impietosa (come sanno essere impietose certe riprese televisive!) la propria decadenza fisica, fino ad accontentarsi, in ultimo, di gesti tremuli e di suoni inarticolati. Ma non tutti sapevano o potevano ricordare ciò che lui stesso aveva svelato di quel primo momento in cui aveva accettato la “nomina” a Pontefice. Proprio allora gli si era imposto “un accostamento strano”. Aveva pensato “a quei malati incurabili condannati alla carrozzella, o inchiodati al loro letto, persone spesso giovani e coscienti del procedere implacabile della loro malattia, prigioniere della loro agonia per settimane, mesi, anni” e vi aveva trovato un incitamento “a fare la volontà del Padre celeste, quali che siano la nostra debolezza e le nostre vedute personali”. Per questo aveva accettato l’elezione. Come poteva abbandonare il suo posto, proprio nel tempo in cui quella prima intuizione si faceva realtà? Così, in quegli ultimi giorni del mese di marzo 2005, se ne stava nel suo letto d’infermo, consapevole che migliaia di giovani in piazza assistevano alla sua agonia. Dicono che abbia mormorato: “Vi ho chiamato e siete venuti”, consapevole che - solo per quell’ultima malattia era stato Lui a richiamarli, col suo dolore. “In casa si sentiva tutto - ha raccontato il segretario del Pontefice scomparso -: la piazza, la preghiera, la presenza dei giovani e lui se ne è accorto perché è stato cosciente sino alla fine. L’ultimo giorno, il sabato (2 aprile), io personalmente l’ho sentito dire: Totus tuus”. Più tardi sospirò: “Lasciatemi andare dal Signore”. E andò da Lui, nella sera in cui la Chiesa già era in festa per la “Divina Misericordia”. Padre Antonio Maria Sicari, Il secondo grande libro dei RITRATTI DI SANTI, Jaca Book, Milano 2006

Nella banalità di un giorno..S.Giovanni Paolo II

Quando si giunge alla fine di una giornata ci si domanda:"Cosa ho combinato oggi di importante?".
E magari non si ricorda niente di cosi ecclatante che abbia cambiato il mondo o solo il modo di vedere la realtà o solo un momento felice.Girare tra le vetrine ormai è la moda più conosciuta..l'ho fatto anche oggi.Guardare almento un centinaio di volte il telefonino o smartphone come benedetto si chiama oggi..l'ho fatto anche oggi.Girare in macchina e prendersela lunga...l'ho fatto nel traffico anche oggi.Tante cose ricorrono o rincorrono....Eppure un barlume di luce nella banalità c'è? (punto di domanda o esclamativo?)
Si!La novità è la fedeltà alla quotidianità....Non fuggire.E Restare attaccati alle piccole obbedienze di ogni giorno.I genitori anziani da accudire,i figli da consigliare,aiutare,gli amici da sentire,accompagnare,i servizi che dobbiamo fare,le fatiche che dobbiamo sopportare...
E giungere al momento della preghiera per ricordare ed offrire a Dio il giorno che è passato.
Ho vissuto e Lui mi è stato accanto,ha visto quello che tra le righe io non ho visto e c'è stato ..nulla è banale ai suoi occhi ,come nulla è banale ad un Padre..ed io lo sò perchè sono padre anch'io...
Nel capire questo una luce nuova entra nelle cose e nei gesti che ho fatto oggi.
Ed ora li rivedo attraverso i Suoi occhi e sono cose e gesti grandi...
Li ho fatti pensando al bene e Lui per
questo mi vuole bene.E a "Non Avere paura" di un giorno "uguale".
(Oggi era la festa di S.Giovanni Paolo II...e Lui dal cielo mi protegge)
Valter

lunedì 3 ottobre 2016

Signore,insegnaci...(M.Delbrel)

"Signore, insegnaci il posto
Che tiene, nel romanzo eterno
Avviato fra te e noi,
Il ballo singolare della nostra obbedienza.
Rivelaci la grande orchestra dei tuoi disegni;
In essa quel che tu permetti
Dà suoni strani
Nella serenità di quel che tu vuoi.
Insegnaci a indossare ogni giorno
la nostra condizione umana
Come un vestito da ballo che ci farà amare da te,
tutti i suoi dettagli
Come indispensabili gioielli."
(M.Delbrel)



Offerta della propria giornata a Dio (S.Teresa di Lisieux)

La sua preghiera di offerta della giornata:

"Dio, ti offro tutte le azioni che farò oggi, nelle intenzioni e per la gloria del Sacro
Cuore di Gesù; voglio santificare i battiti del
mio cuore, i miei pensieri e le mie opere più
semplici unendoli ai suoi meriti infiniti, e riparare le mie colpe gettandole nella fornace del suo amore misericordioso.
O mio Dio! ti domando per me e per
coloro che mi sono cari la grazia di compiere
perfettamente la tua santa volontà, di accettare per tuo amore le gioie e le pene di questa vita passeggera affinché siamo un giorno riuniti nei Cieli per tutta l'eternità.
Così sia. 

(S.Teresa di Lisieux)



Intervista a Padre Antonio Sicari sulla figura di S.Teresa di Lisieux

http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-teresa-di-lisieuxla-consapevolezza-di-essere-amati-17572.htm#.V--yRepuJEI

sabato 10 settembre 2016

Preghiera prima di dormire

Padre mio,
ora che le voci tacciono e i rumori si sono smorzati,
qui nel letto la mia anima si eleva a Te, per dire:
Credo in Te, spero in Te e ti amo con tutte le mie forze,
gloria a Te, Signore!
Depongo nelle tue mani la fatica e le lotte,
le gioie e le delusioni
di questa giornata trascorsa.
Se i nervi mi hanno tradito,
se gli impulsi egoisti mi hanno dominato,
se ho dato luogo a rancore o a tristezza,
perdono, Signore!
Abbi pietà di me.
Se sono stato infedele,
se ho pronunciato parole invano,
se mi sono lasciato trasportare dall’impazienza,
se sono stato un problema per qualcuno,
perdono, Signore!
In questa notte
non voglio consegnarmi al sonno
senza sentire nell’anima
la sicurezza della tua misericordia,
la tua dolce misericordia
completamente gratuita.
Ti ringrazio, Padre mio,
perché sei stato l’ombra fresca
che mi ha coperto durante tutta questa giornata.
Ti ringrazio perché,
invisibile, affettuoso e avvolgente,
ti sei preso cura di me come una madre
in tutte queste ore.
Signore! Intorno a me
tutto è già silenzio e calma.
Manda l’angelo della pace in questa casa.
Rilassa i miei nervi,
tranquillizza il mio spirito,
sciogli le mie tensioni,
inonda il mio essere di silenzio e di serenità.
Veglia su di me, Padre amato,
mentre mi consegno fiducioso al sonno,
come un bambino che dorme felice tra le tue braccia.
Nel tuo Nome, Signore, riposerò tranquillo.
Amen.
(Fra’ Ignacio Larrañaga, manuale di preghiera “Encontro”)

Umanoedivino....Dall’ultima lezione di p. Aleksandr Men’ (1935-1990). Oggi è l’anniversario del suo martirio.

http://www.lanuovaeuropa.org/testimoni/2016/09/09/la-santificazione-della-carne-oggi
È iniziata la notte della Risurrezione
e continuerà finché ci sarà il mondo»

domenica 4 settembre 2016

Miracolo eucaristico in Mato Grosso il 15 Agosto

Il 15 agosto in Pangaré, Brasile (Mato Grosso) nella celebrazione dell'Ascensione qdo il prete alzo l'Ostia per la consacrazione vide che ne usciva sangue e perplesso l'ha messa subito dentro la coppa ma l'Ostia non scende ma rimane in aria, fluttua. Dall'Ostia scende delle gocce di sangue che raggiungono il calice e si aumenta la quantitá. Il prete si sente male. La suora missionaria che era sull"altare ad aiutare x i chierichetti erano via per un ritiro aiuto il prete. L'ostia viene esposta fino a mezzanotte e tutti della cittadina sono venuti a vederla. La foto é stata scattata dalla suora che ha visto tutto e inviata al mio nipote. É una sia amica. L'Ostia é stata inviata alla santa sede per essere analizzata
. Vogliono vedere se il sangue é compatibile con quello dell'eucaristia di Lanciano, dove é successo il miracolo dell'eucaristia.

venerdì 2 settembre 2016

giovedì 1 settembre 2016

Preghiera di S.Giovanni Paolo II dopo un terremoto (per il terremoto del Centro Italia)

T
Ti prego, Signore,di fronte al triste spettacolo delle rovine causate dal terremoto.
Dio onnipotente,buono sempre anche quando permetti  che i tuoi figli siano colpiti dal dolore,
concedi riposo eterno al le vittime,
rassegnazione e fortezza ai sopravvissuti,
larghezza di cuore a tutti,nel venire incontro alle necessità di tanti fratelli che sono nel bisogno.(Giovanni Paolo II))

DA LUGLIO AD OGGI.....IL BLOG UMANOEDIVINO

E'da Luglio che scrivo poco o niente nel blog.
Ma non e' che sono malato oppure che il gruppo è finito,oppure che non si fa più niente.Anzi!
Avrei da mettere mille foto (Vacanze da solo o insieme,iniziative,meditazioni ecc.) ma non ho più la costanza di usare il blog.Uso facebook,messenger,Whattapp....e il blog ?
Prometto che con l'inizio del nuovo anno sociale scriverò di più!
Già Domenica 11 Settembre ci sarà un pranzo in Castello a Brescia nel Convento dei carmelitani Scalzi,dopo la S. Messa,per ritrovare gli amici e scambiare le esperienze fatte durante le vacanze.Poi si sta preparando la Festa di "Verso l'Altro"...si stanno mettendo a punto i programmi per il nuovo anno,insomma il gruppo è vivo è continua alla grande!
Ci risentiamo...Ciao! Walter


Va dove non puoi, guarda dove non vedi, ascolta dove non vi è rumore: sei là dove Dio parla” 
(Angelo Silesio).


Richiesta speciale dell’amore di Dio (S.Pietro d'Alcantara)

dal Trattato dell’orazione di S. Pietro d’Alcantara, contemporaneo di Teresa di Gesù e suo consigliere spirituale.

San_Pietro_d’Alcantara_Teresa_d’Avila_(1683)
RICHIESTA SPECIALE DELL’AMORE DI DIO[1]
 Sopra tutte queste virtù, concedimi, Signore, la grazia di amarti con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima, con tutte le mie forze, con tutto me stesso, così come tu lo comandi. O tutta la mia speranza, tutta la mia gloria, tutto il mio rifugio e gioia. O il più amato degli amati, o Sposo fiorente, Sposo soave, Sposo tenero. O dolcezza del mio cuore; o vita dell’anima mia e gioioso sollievo del mio spirito! O bello e luminoso giorno dell’eternità, luce serena del mio intimo e florido paradiso del mio cuore! O mia amabile origine e mia somma sufficienza[2].
Prepara, Dio mio, prepara, Signore, una gradevole dimora per te in me, perché, secondo la promessa della tua santa parola, tu venga in me e riposi in me. Mortifica in me tutto ciò che dispiace ai tuoi occhi e fammi uomo secondo il tuo cuore. Ferisci, Signore, il più intimo dell’anima mia  con le frecce del tuo amore ed inebriala con il vino della tua perfetta carità[3].
Oh, quando sarà questo? Quando ti piacerò in tutte le cose? Quando sarà morto tutto quello che in me è contrario a te? Quando sarò del tutto tuo? Quando smetterò di essere mio? Quando nulla all’infuori di te vivrà in me? Quando ti amerò ardentissimamente? Quando mi brucerà del tutto la fiamma del tuo amore? Quando sarò del tutto innamorato e trafitto dalla tua efficacissima soavità? Quando aprirai a questo povero mendico e gli scoprirai il tuo bellissimo regno, che sta dentro di me, che sei tu con tutte le tue ricchezze? Quando mi rapirai, sommergerai, trasporterai e nasconderai in te dove mai più io mi ritrovi? Quando, superati tutti gli impedimenti ed ostacoli, mi renderai un solo spirito con te, perché mai più mi possa allontanare da te?
O amato, amato, amato dell’anima mia. O dolcezza, dolcezza del mio cuore Ascoltami, Signore, non per i miei meriti, ma per la tua infinita bontà! Insegnami, illuminami, indirizzami ed aiutami in tutte le cose, affinché non si faccia nè dica alcuna cosa che non sia gradita ai tuoi occhi[4]. O Dio mio, amato mio, o cuore mio, bene dell’anima mia. O amore mio dolce! O godimento mio grande. O forza mia. O vita mia, aiutami; luce mia, guidami!
O Dio del mio cuore. Perché non ti dai al povero? Riempi i cieli e la terra e lasci vuoto il mio cuore? Se vesti i gigli del campo, curi con amore gli uccellini e nutri i vermi, perché ti dimentichi di me, che tutti dimentico per te? “Tardi ti conobbi, bontà infinita! Tardi ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova! Misero il tempo che non ti amai, misero me, perché non ti ho conosciuto! Cieco me, che non ti vedevo! Eri dentro di me ed io ti cercavo fuori! Benché ti abbia trovato tardi, non permettere, Signore, per la tua divina clemenza, che giammai ti lasci” [5].
Poiché una delle cose che ti piacciono di più e più toccano il tuo cuore è avere occhi per saperti guardare, dammi, Signore, questi occhi con cui guardarti: cioè, occhi semplici di colomba, occhi casti e timidi, occhi umili e amorosi, occhi devoti e lacrimosi, occhi attenti e discreti per capire la tua volontà e compierla, affinché, guardandoti con questi occhi, sia da te guardato con quegli occhi con cui guardasti San Pietro, quando gli facesti piangere il suo peccato[6]; con quegli occhi con cui guardasti il figlio prodigo, quando gli andasti incontro e gli desti il bacio della pace; con quegli occhi con cui guardasti il pubblicano, quando egli non osava alzare lo sguardo al cielo; con quegli occhi con cui hai guardato la Maddalena, mentre ella lavava i tuoi piedi con le lacrime dei suoi; finalmente, con quegli occhi con i quali guardasti la Sposa del Cantico dei Cantici, quando le hai detto[7]: “Sei bella, amica mia, sei bella; i tuoi occhi sono di colomba”, affinché, compiacendoti degli occhi e della bellezza dell’anima mia, le dia quegli ornamenti di virtù e di grazie con cui ti compare sempre bella.
O altissima, clementissima, benignissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, un solo vero Dio, insegnami, addrizzami, aiutami in tutto, Signore. O Padre onnipotente, per la grandezza del tuo infinito potere, stabilisci e conferma la mia memoria in te e riempila di santi e devoti pensieri. O Figlio santissimo, per la tua eterna sapienza illumina il mio intelletto e adornalo con la conoscenza della somma verità e della mia estrema nullità. O Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio, per la tua incomprensibile bontà, trasferisci in me tutta la tua volontà ed incendiala con un così grande fuoco d’amore che nessuna acqua  possa spegnerla. O santissima Trinità, unico Dio mio e tutto il mio bene. Oh, se ti potessi  lodare ed amare come ti lodano ed amano tutti gli angeli! Oh, se avessi l’amore di tutte le creature, quanto volentieri te lo darei e trasferirei in te, sebbene neanche questo sarebbe sufficiente per amarti come tu meriti. Tu solo ti puoi degnamente amare e degnamente lodare, perché come tu solo comprendi la tua incomprensibile bontà  così tu solo la puoi amare quanto merita, in modo che solo in codesto divinissimo cuore si trova un amore adeguato a te[8].
O Maria, Maria, Maria, Vergine santissima, madre di Dio, regina del cielo, Signora del mondo, tabernacolo dello Spirito Santo, giglio di purezza, rosa di pazienza, paradiso di delizie, specchio di castitá, modello d’innocenza! Prega per questo povero esule e pellegrino e condividi con lui un poco della tua abbondantissima carità![9]
O voi beati santi e sante o voi spiriti beati, che così ardete nell’amore del vostro creatore e specialmente voi serafini, che infiammate il cielo e la terra con il vostro amore, non abbandonate questo povero e misero cuore, ma purificatelo come le labbra di Isaia[10] da tutti i suoi peccati ed accendetelo con la fiamma di codesto vostro ardentissimo amore, perché solo questo Signore ami, solo Lui cerchi, solo in Lui riposi e dimori nei secoli dei secoli[11]. Amen

IL TEMPO DELLA PREGHIERA (Fratel Lorenzo)

"Il tempo della preghiera non è differente da ogni altro tempo.
Sono i nostri pensieri che guastano ogni cosa:dobbiamo essere bene attenti a fermarli quando ci portano via da quello che dobbiamo fare e dobbiamo subito riprendere la nostra conversazione con Dio che e' il nostro massimo bene.
Dobbiamo essere uniti a Dio con la stessa forza,sia nella preghiera che fuori dal tempo della preghiera"
(fratel Lorenzo)

FESTA "Verso l'Altro" 23-24-25 Settembre ad Adro

VENERDI 23 Settembre ad ADRO ore 21 presso scuola Madonna della Neve : COSTANZA MIRIANO (LIBERTÀ ed OBBEDIENZA)


VENERDI 23 ad ADRO ore 21
presso scuola Madonna della Neve

COSTANZA MIRIANO
LIBERTÀ ed OBBEDIENZA
...per chi è sposato
...per chi è fidanzato
...per chi é innamorato (e per chi non lo é ancora)
...per chi pensa che amare sia gioia (ma anche fatica)
...per TE
...PER TUTTI (e per i piccini tanti giochi)

domenica 17 luglio 2016

Padre Maurizio Botta : Come trasmettere la fede ai piccoli ?

Come trasmettere la fede cristiana a chi è completamente a digiuno, senza essere complicati, noiosi o troppo astratti? Partendo dall'esperienza pratica sviluppata in anni di catechismo, Don Andrea Lonardo e padre Maurizio Botta ci presentano un metodo efficace per seminare la Parola di Dio nel cuore di grandi e piccoli.

COME DIO PADRE CI AMA...(Newman)

Il Padre ci vede e ci conosce tutti, uno ad uno.
Chiunque tu sia egli ti vede individualmente,
egli ti chiama con il tuo nome,
egli ti comprende quale realmente ti ha fatto.

Egli conosce ciò che è in te,
tutti i tuoi sentimenti e pensieri più intimi,
le tue disposizioni e preferenze,
la tua forza e la tua debolezza.

Egli ti guarda nel giorno della gioia e nel giorno della tristezza,
ti ama nella speranza e nella tua tentazione,
s'interessa di tutte le tue ansietà, di tutti i tuoi ricordi,
di tutti gli alti e bassi del tuo spirito.

Egli ha perfino contato i capelli del tuo capo
e misurato la tua statura,
ti circonda e ti sostiene con le sue braccia
ti solleva e ti depone.

Egli osserva i tratti del tuo volto,
quando piangi e sorridi,
quando sei malato o godi buona salute.

Con tenerezza egli guarda le tue mani e i tuoi piedi,
sente la tua voce, il battito del tuo cuore,
ode perfino il tuo respiro,
tu non ami te stesso più di quanto egli ti ama.

Tu non puoi fremere dinanzi al dolore,
come egli freme vedendolo venire sopra di te,
e se tuttavia te lo impone è perché anche tu se fossi saggio
lo sceglieresti per un maggior bene futuro.(H.Newmann)

...che tu abbia Tempo!



"Che tu abbia tempo per la pazienza,
tempo per comprendere,
tempo per ricordarele cose buone fatte e da fare.
Tempo per credere nei tuoi compagni di viaggio,
tempo per capire quanto valga un amico"

GITA A VOLANO E CIMBERGO CON GLI AMICI DEL GRUPPETTO

 
Bellissima giornata con gli amici del gruppetto al fresco di Volano(1400m)in Valtrompia.
Paesaggio impagabile e pranzo al Rifugio Le Marie.
Alcuni scatti....
 ma perché tornare a casa?

La fede senza una Compagnia è nulla....

"Senza le opere la fede e' morta'...
E' vero ...
Ma senza una Compagnia e degli amici che ti vogliono bene,ti sono di esempio e ti incoraggiano le opere sono difficili da compiere e sembrano inutili...

La preghiera secondo S.Teresa di Lisieux

La preghiera secondo Papa Francesco

La preghiera e' la migliore arma che abbiamo, una chiave che apre il cuore di Dio”, una chiave facile perché “il cuore di Dio non è blindato, tu puoi aprirlo con una chiave comune, con la preghiera”. La preghiera “è la più grande forza della Chiesa, che non dobbiamo mai lasciare”,
altrimenti, “si rischia di appoggiarsi altrove: sui mezzi, sui soldi, sul potere; poi l’evangelizzazione svanisce, la gioia si spegne e il cuore diventa noioso”. “Volete avere un cuore gioioso?”: “Pregate sempre!” (papa Francesco)

GESU ' - Canzone di Renato Zero- Video e testo

Gesù
 
Lenti si naviga lenti.
Il progresso ci ha spenti già.
Via tutti quegli entusiasmi.
Nessuno che esulterà.
L’Arca si è arenata pure lei.
Tempi bui un po’ per tutti noi.
La speranza non ci basta più.
Poveri uomini… poveri.
Gesù
Non ti somigliamo più.
Gesù
La rabbia è colpevole.
Come mendicanti trasmigriamo ormai.
Attraverso monti mari e pericoli.
Gesù
oggi niente miracoli?
Mai più
il coro degli Angeli?
Ora odore di guerra.
La terra in ginocchio sta.
Soli più soli di sempre.
Il cuore non ce la fa.
Tanta vita d’amore e di poesia.
Un pane appena cotto e l’armonia.
Tutti intorno al fuoco adesso no.
Che il cielo stemperi… gli animi!
Gesù
Hai smesso di crederci?
Gesù

Sei ancora con gli ultimi?
Aiutaci fratello. Un’altra volta puoi.
Che ormai questo fardello è insopportabile.
Gesù
Gli innocenti ti implorano.
Gesù
Gli infedeli ti umiliano.
Era un mondo incline alla bellezza
Al rispetto. Alla purezza.
Forse troppo giusto lui.
Finché l’odio intanto non cresceva…
Con l’avidità fondava un’assurda gerarchia.
Gesù
La natura ha i suoi limiti!
Gesù
Chi avvelena i tuoi pascoli?
Fiumi ormai interdetti.
Discariche laggiù.
Ciò che credevi un orto è deserto che avanza.
Gesù
Siamo colpevoli.
Gesù
Se potrai ancora farlo tu… Perdonaci!
Perdonaci!

Renato Zero

Fotografie della processione del 16 Luglio a Brescia - festa della Madonna del Carmelo

martedì 21 giugno 2016

Solo i malati guariscono – L’umano del (non) credente”, il nuovo libro di don Luigi Maria Epicoco, giovane filosofo e teologo, pubblicato dalle Edizioni San Paolo....lo sto leggendo....molto bello!


Aiutare “a sviluppare uno sguardo nuovo sulla propria umanità, facendo eco alle parole di Gesù di essere venuto per i malati e non per i sani”. È questo l’obiettivo di “Solo i malati guariscono – L’umano del (non) credente”, il nuovo libro di don Luigi Maria Epicoco, giovane filosofo e teologo, pubblicato dalle Edizioni San Paolo. “Fin da piccoli – scrive l’autore – facciamo esperienza dei sentieri di ritorno. Alcuni le chiamano delusioni. A me piace chiamarle esperienze di autenticità”. Don Epicoco sceglie come “pretesto” l’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus “per riscoprire – si legge in una nota – tutto l’umano che c’è alla base di ogni esistenza, quella di chi è su un percorso di fede e quella di chi sperimenta l’incredulità”. Nella prima parte del volume sono affrontate cinque tematiche: autenticità, amicizia, inquietudine, senso e nostalgia, che “conducono il lettore a riscoprire la positività di quella che i più considerano una malattia, ovvero l’essere umani con tutta la fragilità che ciò comporta”. Nella seconda parte “è offerta una riflessione teologica a partire da quattro immagini: locanda/Chiesa; tavola/condivisione; spezzare il pane/fede; tornare indietro/annuncio”.

“Ho molti amici che non hanno la fede, ma non ne ho nessuno che non abbia mai provato l’inquietudine, la delusione, quelle che io chiamo ‘esperienze di autenticità’. Ci hanno insegnato che l’umanità è qualcosa di brutto e noi dobbiamo guarire da questa malattia che è l’umanità. Credo, invece, che sia proprio dall’accettazione della nostra umanità che possiamo partire per capire qualcosa di noi stessi e forse anche di Dio”. Ad affermarlo è don Luigi Epicoco, sacerdote della diocesi de L’Aquila, docente di filosofia alla Pontificia Università Lateranense, e autore del volume ‘Solo i malati guariscono. L’umano del non credente', edito da San Paolo. “Il punto di partenza di questo libro, che è anche un po’ il punto di partenza della mia idea di cristianesimo – spiega  – è che per capire qualcosa di Dio bisogna iniziare a prendere sul serio la propria umanità, perché Cristo si è fatto carne, si è incarnato. Ed è lì, forse, la chiave di lettura di tutto”.

I
In cammino da Gerusalemme a Emmaus
Nel testo, don Epicoco, fonda le sue riflessioni sulle pagine del vangelo di Luca dedicate ai discepoli di Emmaus. “La bellezza di quell’episodio - spiega - è che mi sembra diviso in due tempi. Un primo tempo dedicato ai ‘non credenti’ e un secondo tempo in cui subentra la fede. Nella prima parte c’è, infatti, un Cristo ‘straniero’, che così viene percepito dai discepoli delusi che stanno tornando a casa. Ed è interessante il dialogo che si viene a creare tra Gesù e questi discepoli delusi e inquieti”.
La tentazione di sentirsi "sani"
Il titolo del volume “Solo i malati guariscono”, richiama le parole di Papa Francesco sulla Chiesa come ‘ospedale da campo’, ma anche la condizione di coloro incapaci di riconoscersi peccatori. “Sentirsi giusti, quindi non peccatori, non malati, è una tentazione insita dentro ognuno di noi”, spiega Epicoco. “E’ un po’ un’insicurezza, mascherata da bullismo. E’ una forma di rigidità che nasconde invece un grande vuoto. Bisogna avere molta misericordia e tenerezza per guardare a quella parte un po’ ‘farisaica’ che è seppellita dentro ognuno di noi e capire che nasce dalla nostra insicurezza. Dal nostro bisogno di schemi e quindi dal bisogno di negare la nostra umanità per stare al mondo”.
La forza dei deboli
E’ l’amore di Dio che ci dà la forza di ammettere la nostra debolezza e di arrivare a dire, con San Paolo, è quando sono debole che sono forte. E’ questo un cammino di riconciliazione con se stessi, con la propria umanità, che poi ci fa abbassare le nostre difese e ci rende meno ‘farisei’ e più umani”. “Solo così - spiega Epicoco - si capisce qualcosa di più di Gesù Cristo che sedendo a tavola con i peccatori, frequentando gente poco raccomandabile, ricorda a tutti noi che le persone non sono quello che fanno. In ogni persona c’è infatti un uomo seppellito che va riscoperto, ritirato fuori. E Gesù è come se puntasse costantemente lo sguardo sull’uomo nascosto in ognuno di noi, anche quando siamo diventati dei peccatori incalliti”.
I "misericordiati"
Don Luigi EpicocoNel volume Epicoco si sofferma sul concetto al centro del Giubileo straordinario voluto da Papa Francesco: la misericordia. “In fin dei conti – racconta - ciascuno di noi può parlare di Dio solo in quanto ha fatto un’esperienza di misericordia, ha visto cioè che qualcuno ha messo il suo cuore dentro la nostra miseria. Noi siamo stati abituati a vedere giudicata la nostra miseria. A vedere che qualcuno la cataloga, la analizza per farne quasi l’autopsia. L’esperienza di misericordia è invece proprio sentirsi amati lì dove noi sperimentiamo di più la nostra fragilità. E se la misericordia è il cuore di Dio dentro la nostra miseria, i “misericordiati” sono proprio coloro che nelle loro ferite hanno sperimentato di più il sentirsi amati e voluti”.
Una storia di misericordia
Don Epicoco è cappellano universitario a L’Aquila e ha vissuto da vicino la tragedia del terremoto del 2009. “Nel libro racconto una storia di misericordia che mi ha fatto male ricordare ma che credo possa insegnarci molto. Quella di un giovane che era arrivato al punto di odiare il padre per la  fragilità e la debolezza di questo genitore che aveva distrutto la sua famiglia per il vizio del gioco. Un padre che poi, la notte del terremoto, compì il gesto estremo di salvargli la vita. Un padre che morì sotto la macerie per salvarlo dal crollo dell’edificio. In quell’istante, quel giovane capì chi era suo padre. Un uomo che aveva sbagliato molto, ma che nel momento più importante era stato disposto a morire per salvare la vita di suo figlio”. “Quel giovane, il giorno dei funerali del padre, si sentiva in colpa perché non gli aveva mai detto che in fondo l’aveva perdonato. Non si era accorto però che in quel gesto di salvargli la vita, il padre aveva già accolto in maniera tacita il suo perdono”.

(Fabio Colagrande)

Costanza Miriano a Villanuova sul Clisi (Brescia).......Matti da Sposarsi....video


Scuola di Cristianesimo :La preghiera carmelitana


domenica 15 maggio 2016

IL CASTELLO INTERIORE di S.Teresa d'Avila - SESTE MANSIONI -Seconda Parte

(6. Fidanzamento Spirituale-PARTE 2)

proseguiamo l'esplorazione di queste Seste Mansioni.

Esistono certi fenomeni mistici straordinari nei quali la bellezza dello Sposo si manifesta come una vera e propria "forza di gravità" che "attrae a sé" la creatura in anima corpo, al punto da poter anche sovvertire le normali leggi di gravità (fenomeni di levitazione e simili): Santa Teresa li chiama estasi, rapimenti, voli di spirito e in molti altri modi ancora, e sono tutti riconducibili ad una stessa tipologia. Volendo unire a sé l'anima, Dio decide di introdurla almeno parzialmente nel Suo mondo e di farle gustare i tesori in esso racchiusi. Parole e attrazioni dello Sposo producono nell'anima una vera e propria "fame e sete di Dio". Il desiderio predominante e inestinguibile è quello di "vedere Dio".
Teniamo presente che una fede come quella cristiana deve necessariamente, prima o poi, condurre il credente a oltrepassare i confini di ciò che è misurato, prevedibile, strettamente ragionevole, per sfociare nell'imprevisto, nel "di più", nella "santa pazzia" dei santi. L'amore non è vero amore quando non sa essere anche esagerato, almeno in certi momenti. Non si tratta di far sempre stranezze, ma certamente non si può essere innamorati di Cristo senza un pizzico di follia.

È importante, poi, ricordare che le Seste e le Settime dimore sono per tutti i cristiani, per il semplice fatto che descrivono e celebrano la sostanza comune della fede: quel vincolo nuziale, cioè, già realizzato tra ogni battezzato e Cristo. Infatti la sostanza mistica degli avvenimenti è già donata a tutti nel Battesimo e nei sacramenti.
I fenomeni mistici straordinari (visioni, estasi, rivelazioni ecc.) che Teresa racconta su base autobiografica, non sono per tutti, ma per coloro ai quali Dio vuole donarli per certi suoi scopi ecclesiali.

Santa Teresa però ci mette in guardia: non devono essere ricercati, né assecondati, perché è facile che l'anima si autoinganni. Quando essi vengono da Dio, producono il loro frutto anche se l'anima non se ne cura.
Le numerose grazie mistiche straordinarie di cui ci parla Teresa hanno questo solo scopo: manifestare come Dio agisca prepotentemente dal centro delle Settime dimore per attrarre a Sé l'anima, senza che niente la possa più distogliere o fermare.



TESTO:
Osservate ora in che modo il Signore viene a conchiudere questo fidanzamento: favorendo l'anima con dei rapimenti che la fanno uscire dai sensi.
Una specie di rapimenti è questa. L'anima, pur non essendo in orazione, si sente toccata da una parola di Dio che le viene in mente o che ode. Sembra allora che il Signore, mosso a compassione per averla veduta languire tanto tempo nel desiderio di lui, avvivi nel suo interno come una scintilla e così l'anima, dopo essersi completamente bruciata, risorge a nuova vita a guisa di fenice. Così purificata, il Signore la unisce a sé, senza che alcuno ne sappia il modo, eccetto loro due. Anzi, neppur l'anima lo sa. E allora ella ritornando in sé, riporta l'impressione delle grandezze vedute, senza che tuttavia ne sappia dire qualche cosa, e senza che la sua natura possa arrivare più in là di quanto il Signore le ha voluto soprannaturalmente far vedere. Oh, la confusione che prova l'anima nel ritornare in se stessa! Quali ardenti desideri d'impiegarsi nel servizio di Dio in qualunque modo Egli lo desideri! Si vorrebbero avere mille vite per impiegarle tutte per Iddio, e si desidera che tutte le cose della terra siano altrettante lingue che lo lodino in nome nostro.

Ecco un'altra specie di rapimento che io chiamo volo di spirito.
Si sente un movimento di anima così impetuoso da sembrare che lo spirito ci venga rapito, e ciò con tale velocità e così d'improvviso da sentirne, specialmente da principio, non poca paura. Per questo chi riceve queste grazie ha bisogno non solo di gran coraggio, ma di fede, di fiducia e di pieno abbandono a quello che il Signore vorrà da lui. Siccome l'anima si è rimessa tante volte e tanto sinceramente nelle mani di Dio offrendosi a Lui con risoluta volontà, sembra che Dio le voglia far vedere che ormai non è più padrona di sé, e la rapisce con movimento evidente e impetuoso.
Avviene in tal modo da far credere che veramente lo spirito si stia separando dal corpo. Benché la persona non muoia, ha però dei momenti in cui ella non sa dire se l'anima si trovi o non si trovi nel corpo, e avviene che in un solo istante le siano spiegati un'infinità di segreti, dei quali ella non giungerebbe a conoscere la millesima parte, neppure se per ordinarli vi si affaticasse molti anni con l'immaginazione e l'intelletto.
Non è opera del demonio, e meno ancora dell'immaginazione. La pace, il conforto e il profitto di cui l'anima si sente in possesso non possono venire da lì. E meno ancora queste tre cose che si sentono in grado molto alto: il conoscimento e la grandezza di Dio, l'umiltà e il conoscimento di noi stessi, il disprezzo di tutte le cose della terra, eccetto di quelle che siano di aiuto nel servizio di così grande Signore. Queste le gioie che lo Sposo comincia a regalare alla sposa: gioie di tanto valore che da lei non potranno mai essere sciupate, perché quello che ha veduto le rimane così impresso da esserle impossibile di dimenticarsene fino a quando non ne godrà eternamente.

Con queste grazie così elevate l'anima desidera sì al vivo di godere in pieno Chi gliele fa, che vivere per lei diviene un grande, benché delizioso tormento. Con lacrime incessanti supplica il Signore di toglierla da questo esilio. Siccome è ripiena d'amore, basta la minima occasione che stimoli il suo fuoco per farle prendere il volo. E ciò spiega perché in questa mansione i rapimenti sono molto frequenti, senza che vi sia modo di evitarli, neppure quando vengono in pubblico.

Il Signore ispira a quest'anima un così vivo desiderio di non offenderlo, neppure nelle più piccole cose, e di evitare, potendolo, qualunque minima imperfezione, che per questo solo motivo, se altri non ve ne fossero, vorrebbe fuggire gli uomini, e invidia grandemente coloro che vivono e son vissuti nei deserti.
Nel contempo vorrebbe anche cacciarsi in mezzo al mondo, per fare che anche un'anima sola lodasse Iddio di più.

Il gaudio sommerge l'anima in tal modo che ella va dimentica di sé e di ogni altra cosa, non avverte né indovina a parlare se non di quello che ha rapporto alla sua gioia, voglio dire, delle lodi di Dio.

SERVA DI DIO SUOR LUCIA DI FATIMA -Ritratto di Padre Antonio Sicari- 13 Maggio 1917 - inizio apparizioni di Maria a Fatima


PREGARE IN FAMIGLIA E NEL LAVORO (Scuola di Cristianesimo del Movimento Ecclesiale Carmelitano)


PREGARE:AVVENIMENTO PLENARIO (Scuola di Cristianesimo del Movimento Ecclesiale Carmelitano)



Noi pensiamo di essere tristi

Noi pensiamo di essere tristi
perché non riceviamo amore.
Non è così.
Noi siam tristi perché non diamo amore.
Siamo nati per amare.
Il nostro benessere non dipende
dall'amore degli altri nei nostri confronti,
ma dall'amore che noi doniamo.(A.Cohen)