sabato 4 aprile 2015

VIA CRUCIS:Testo di Padre Antonio Sicari ( Presente nel sito del Vaticano e scritto in occasione del Giubileo Sacerdotale)

VIA CRUCIS IN COMPAGNIA DEI SANTI
Testo di P. Antonio Maria Sicari o.c.d.
Preghiera d’inizio
Signore Gesù, oggi ad accompagnarti nella Via Crucis siamo noi, i tuoi sacerdoti, i servi che ti sei scelto per continuare a costruire e guidare la tua Chiesa.
Tu hai voluto servirti della nostra persona per rendere presente la Tua Persona alla comunità dei credenti.
Ogni giorno Tu ci coinvolgi nel mistero della tua Passione e della tua Risurrezione.
Ogni giorno ci affidi la tua Parola e la tua Misericordia per seminarle nel mondo.
Ogni giorno risuona nel nostro cuore e nella nostra anima il tuo invito dolce e severo: "Chi vuol venire dietro a me,… prenda la sua Croce e mi segua!".
Iniziando questa Via Crucis ascoltiamo l’avvertimento che desti all’apostolo Tommaso: «Io sono la via!»: sappiamo di dover percorrere una strada che sei Tu stesso; una via dolorosa scavata nel tuo stesso corpo.
Udiamo anche la voce del tuo Apostolo Paolo che dice: «Completo nella mia carne quel che manca alla passione di Cristo…», e comprendiamo che a mancarti, adesso, è la nostra carne: questa nostra esistenza che già ti appartiene, ma che non si è ancora interamente offerta e che si ritrae soprattutto quando teme di soffrire.
Offriamo ogni giorno il tuo Corpo sacrificato e il tuo Sangue effuso, ma siamo sempre tentati di sottrarci quando dobbiamo essere, con Te, chicchi di frumento macinati o grani d’uva spremuti.
Perciò, o Signore, per imparare ad accompagnarti davvero in questo doloroso e glorioso cammino chiederemo aiuto ai tuoi sacerdoti Santi.
Fa’ che i misteri d’amore e di dolore della tua passione s’imprimano in noi, tuoi ministri, come si sono impressi, al vivo, nel loro corpo e nella loro anima.


I STAZIONE
Gesù condannato a morte
Ho pensato e detto tante volte, io tuo sacerdote, che sei stato condannato ingiustamente.
Giuda ti ha tradito in preda all’ingratitudine, all’avarizia e al Maligno.
I Sacerdoti e il Sinedrio ti hanno rifiutato perché accecati davanti al tuo inatteso splendore divino.
I soldati ti hanno flagellato e deriso perché inconsapevoli e abbrutiti.
Pilato t’ha dato in mano ai carnefici per paura e scetticismo.
E la folla gridava: «Sia Crocifisso!», perché sobillata e dimentica che «eri passato tra loro facendo del bene».
Condannato ingiustamente, condannato innocente.
Ma ora penso, o Signore, d’aver trascurato la verità più profonda e sconvolgente.
Tu sei stato condannato giustamente, perché hai voluto davvero prendere su di Te il peso orribile di tutti i nostri peccati, assumendone la responsabilità davanti a Dio, nostro Creatore e Padre.
Ancor più: per noi e al nostro posto, Tu hai voluto «farti peccato per noi», e sei divenuto –al cospetto del mondo– "come uno davanti al quale ci si copre la faccia per la vergogna".
«Agnello di Dio che togli i peccati del mondo…»: li togli perché continui a prenderli su di Te e ad espiarli uno per uno.
E ogni giorno della nostra storia è per te un venerdì santo.
 Penso al tuo sacerdote S. Leopoldo Mandic, racchiuso per anni e anni nel suo confessionale, sommerso dai peccati che i penitenti gli riversavano addosso. Deriso da alcuni perché rendeva tutti innocenti, assolvendoli con misericordiosa larghezza, per poi passare lunghe notti in espiazione, tremando al timore del giudizio di Dio. Aveva infatti congedato i peccatori più fragili offrendosi al loro posto: «Farò penitenza io per voi, pregherò io…».
E, ricco di misericordia per tutti, accettava di tremare davanti alla giustizia di Dio.
 II STAZIONE
Gesù è caricato della Croce
 Siamo rimasti quasi soli al mondo –noi, i tuoi sacerdoti– a dire che la sofferenza può redimere, che il dolore può riempirsi di significato e diventare salvifico.
Ma lo diciamo timidamente, come se dovessimo farci perdonare questo strano e difficile linguaggio.
C’è tanto dolore al mondo! Sono tante le pene quotidiane, e molti sono coloro sui quali la croce grava, senza che possano evitarla.
E noi dovremmo invitarli a portarla abbracciandola, come Tu fai mentre il legno ti scava le spalle e si imbeve del tuo sangue!
«Io ti saluto, o Croce da tanto tempo desiderata!», disse il tuo discepolo Andrea. Anche l’Apostolo Paolo annunciava di essere gioiosamente «crocifisso con Te» e di volere conoscere soltanto «la sapienza della Croce».
Un tuo poeta ha detto: «Gesù prende la Croce, come noi prendiamo l’Eucarestia».
Siamo noi, i tuoi sacerdoti, che teniamo ogni giorno tra le mani il tuo corpo sacrificato e lo presentiamo all’adorazione e lo offriamo in cibo.
Tu non ci chiedi di essere più forti nella sopportazione, ma più lieti nel transustanziare le nostre piccole sofferenze nella tua sofferenza infinita, e di farne nutrimento per la Chiesa.
 S. Giovanni della Croce –che compose i più bei poemi d’Amore mistico, in un buio e tormentoso carcere– insegnava: «Ti basti Cristo crocifisso. Soffri con Lui e riposa con Lui» e seppe stringersi talmente a Te che, sul letto di morte, si commuoveva guardando il suo stesso corpo malato, contemplando le proprie piaghe "devotamente" perché assomigliavano alle Tue.
Concedici, Signore, di adorare le nostre piccole croci –soprattutto quelle inerenti al nostro Ministero– come frammenti della tua Croce gloriosa.
III STAZIONE
Gesù cade sotto la Croce per la prima volta
 Tu, o Signore, "cadi per la prima volta": per tre volte ti abbatterai al suolo e ti rialzerai a fatica prima di giungere sul Calvario.
Questa tua sfinitezza l’ho additata spesso ai fedeli, perché ne traessero esempio.
"Anche Gesù è caduto" –dicevo–, perfino il Figlio di Dio ha esperimentato la debolezza che schianta le nostre povere forze!". Ma lo dicevo come se, da Te, in fondo, ci si sarebbe potuto aspettare una energia più indomita.
E ho dimenticato che le tue cadute furono gli ultimi e decisi passi della tua Incarnazione.
Tu, per noi, sei disceso dal cielo: sei disceso in una povera grotta a Betlemme; sei disceso tra una folla di peccatori e di malati.
Sei disceso… ma ciò non basterebbe, senza questi ultimi passi di obbedienza che ti avvicinano al cuore della terra, al tuo sepolcro nuovo.
Così Tu, cadendo, cominci ad aderire al suolo con tutto il tuo corpo.
Baci la terra come fa il missionario che giunge nel paese straniero che diventa la sua patria.
Ti prostri al suolo e lo baci come abbiamo fatto noi preti nel giorno dell’Ordinazione.
Ricordo le parole che la mamma di S. Giovanni Bosco disse al figlio suo il giorno della prima solenne Celebrazione (ed era la festa del Corpus Domini!): «Sei prete: dici la Messa, sei dunque più vicino a Gesù Cristo. Ricordati, però, che incominciare a dir Messa vuol dire cominciare a patire».
Si comincia inevitabilmente a soffrire perché bisogna portare il Corpo e la Parola di Dio a tutti gli uomini, e la strada è diseguale e spesso accidentata.
Ma tu, o Signore, concedici di cadere, soltanto sulla tua strada.


 IV STAZIONE
Gesù incontra sua Madre
 Lungo la via, Signore, hai certamente incontrato tua Madre.
Erano più di trent’anni che ella aspettava il giorno annunciato nel quale «una spada le avrebbe trapassato l’anima». Così ti accompagnava al Calvario, e già il centurione aveva in mano la lancia che avrebbe ferito i vostri cuori.
La tradizione ha messo in bocca alla Vergine il lamento del profeta: «O voi che passate per via, fermatevi e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore…».
Ma ci siamo tutti fermati sulla soglia del mistero, attenti soltanto al dolore provocato dagli insulti e dalle ferite.
Non abbiamo contemplato il vero e beato dolore della Tua Vergine Madre, silenziosa, davanti al dialogo che Tu intrattenevi col Padre tuo, prima che Egli ti abbandonasse.
Maria certo ricordava le parole dell’angelo: "partorirai un Figlio… sarà grande… e il suo regno non avrà mai fine…».
Così le era stato promesso, ed ecco che invece il Padre «dava via il Figlio per amore del mondo»: «non lo risparmiava!».
E a Lei si chiedeva ancora di consentire, di ripetere il Fiat, di abbandonare il Figlio alla morte e di ricevere in cambio il discepolo…
Ma come poteva ella non consentire, se era chiamata –lei per prima– a contemplare «il prezzo del riscatto»; non solo il nostro riscatto di figli peccatori, ma ancor più: il suo riscatto di Donna Immacolata, anticipatamente redenta dal sacrificio del Figlio.
Maria accompagnava Gesù sul monte, là dove avrebbe compreso, in un brivido misterioso, di essere, lei per prima, «Figlia di suo Figlio».
Ai piedi della Croce, vedendosi immersa da sempre in un mare di grazia, ella divenne per noi Madre di misericordia.
 In questa stazione impariamo soltanto da lei: la Tutta Santa.
  V STAZIONE
Gesù è aiutato dal Cireneo
 Un uomo, un passante casuale che tornava dai campi, fu obbligato a portare la tua Croce, per darti un po’ di sollievo. Non sappiamo niente di lui, ma sappiamo che i suoi figli, Alessandro e Rufo, divennero cristiani. E commuove pensare che, forse, fu l’improvviso e misericordioso coinvolgimento del padre, in quel cammino di passione, a generarli in Cristo.
Ripenso a tante meditazioni sbiadite, intente a chiedere ai cristiani di voler portare anch’essi "un po’ di Croce", assieme a Gesù.
In verità, Tu eri sfinito, o Signore, e sarebbe stato logico il tuo penoso arrancare dietro al Cireneo che ti levava la croce di dosso.
Eppure l’evangelista annota che «gli misero addosso la Croce, da portare dietro a Gesù, e lo seguiva una grande folla di popolo» .
Portando la tua Croce, il Cireneo imparò a seguirti e, assieme a Te, divenne una guida per il popolo.
Noi sacerdoti non dobbiamo portare soltanto le nostre croci quotidiane, dobbiamo portare proprio la Tua, per poter chiedere al nostro popolo di seguirci.
 Il Santo Curato d’Ars tentò più volte di fuggire dalla sua parrocchia: non perché non volesse soffrire, ma al pensiero struggente di essere indegno di rappresentarti: troppo misero per essere la Tua immagine misericordiosa. E sempre –da Te e dal popolo– veniva gelosamente ricondotto in quel confessionale dove lo aspettavano folle di pellegrini. Allora si scusava umilmente dicendo: «Ho fatto il bambino!», e ricominciava a portare con Te la Croce, consolandosi col dire: «Che ne sarebbe, se no, di tanti poveri peccatori?».
  VI STAZIONE
La Veronica asciuga il volto di Gesù
 E’ l’unico episodio inventato dalla pietà popolare, per dare a tutti e ciascuno un posto nella Via Crucis: il posto d’amore e di tenerezza che tocca alla Sposa.
Tra Veronica e Gesù –tra noi e il Crocifisso– un velo: un velo per asciugare il volto tormentato dello Sposo per restituirgli forma e bellezza.
La Veronica rappresenta e descrive il destino femminile-sponsale di tutta l’umanità; l’intima natura della Chiesa nata dal costato di Cristo e a Lui irrevocabilmente unita; la vocazione e la missione per cui è scelta, quaggiù, ogni anima cristiana.
Veronica è la donna del Cantico dei Cantici, la cui passione d’amore è diventata con-passione, un vero patire accanto all’Amato.
Veronica è chi custodisce in sé l’immagine dell’Amato, per saperlo sempre rintracciare.
Veronica sono le nostre comunità cristiane quando cercano tra la folla il volto dell’Amato, lo scoprono nei volti più umiliati e si attardano a ripulirli con infinita dolcezza.
Veronica sono anche i tuoi santi sacerdoti ogni volta che s’inteneriscono incontrando il tuo volto sfigurato, e lo onorano con carità inesauribile e con geniale operosità..
 S. Camillo de Lellis fu visto spesso inginocchiato accanto al letto dei malati, sopraffatto dalla certezza di essere davanti «all’amato suo Signore Gesù Cristo», e a volte si confondeva al punto da mettersi a raccontar loro i suoi peccati, convinto di confidarli direttamente al Crocifisso. E il biografo aggiunge: «quando pigliava alcuno di loro in braccio, per mutargli le lenzuola lo faceva con tanto affetto e diligenza che pareva maneggiare la persona stessa di Gesù».
Ma furono questo "sguardo" e questa "tenerezza" che gli permisero di rinnovare, da cima a fondo, l’assistenza sanitaria del suo tempo.
  VII STAZIONE
Gesù cade per la seconda volta

A metà percorso, Gesù, tu cadi ancora, come se la strada si aprisse e franasse su di te da ambo i lati.
Ed è una caduta ancora più umiliante, perché la Croce è sulle spalle del Cireneo. Pensavano che Tu potessi resistere…
Ma Tu cadi perché hai addosso l’immensurabile peso dell’umana miseria, ed è un carico invisibile agli occhi.
Cadi perché sei un Creatore che si è fatto creatura, e le creature ti hanno preso al laccio come una preda.
Cadi perché il tuo posto è quello dello schiavo battuto a sangue e lasciato a gemere inutilmente in un canto.
Cadi perché sei divenuto simile a una bestia da soma, che stramazza a terra, e il carico le si schianta addosso.
E mentre cadi, concedi a noi di non distrarci dal contemplare il tuo povero corpo prostrato; aiutaci a non distogliere lo sguardo dal tuo volto contuso tra le pietre.
Signore, fa’ che accettiamo volentieri di cadere, ma accanto a Te, tutte le volte che vorrai farci rialzare rinnovati.
 Il tuo sacerdote S. Giuseppe Benedetto Cottolengo per lunghi anni, visse il suo sacerdozio percorrendo una via ricca di agi e di onori, fin quando Tu non lo facesti "cadere" davanti al giaciglio insanguinato di una povera partoriente, alla quale tutti avevano rifiutato assistenza…
Ebbe solo il tempo di dare l’estrema unzione alla madre e il battesimo alla bimba, prima di vederle morire. Ma si rialzò afferrato dalla grazia. Era divenuto –come amerà poi chiamarsi– «il manovale della Divina Provvidenza».


VIII STAZIONE
Le madri piangono su Gesù
 Le madri piangono sul Figlio di Maria, umiliato e condotto a morte, anche se è ancora come un legno verde.
Ma è Gesù invece che si commuove per loro: vorrebbe che le madri piangessero piuttosto su se stesse, per aver generato e allattato figli che –senza di Lui– sarebbero destinati a bruciare come legna secca, nell’incendio di un mondo privo di salvezza.
Gesù conosce il dolore delle madri di ogni tempo: quelle inconsolabili davanti alla ferocia di Erode (un Erode dai mille volti) che strappa i figli dalle loro braccia, e quelle che si accusano di non aver saputo o voluto proteggerli.
Gesù conosce anche il pianto dei figli che scorre di generazione in generazione: bambini ai quali le madri stesse hanno rifiutato il grembo; bambini rinnegati dal padre; bambini privati di casa, di cure, di pane, di gioco; bambini venduti al piacere e al guadagno.
Conosce anche il dolore sordo dei rapporti delusi: genitori che non hanno saputo diventare padri e madri; e ragazzi che non hanno saputo diventare figli.
Queste sofferenze, Signore, tu le conosci perché sei Figlio: perché toccano –più d’ogni altra pena– il mistero stesso della tua Persona.
Concedi a noi Sacerdoti di saper vedere attorno a noi soltanto Tuoi figli.
 Dacci lo sguardo del tuo S. Vincenzo de’ Paoli quando affidò alle sue suore –già tanto sovraccariche di lavoro– anche l’«Opera dei bambini trovatelli», spiegando con entusiasmo: «Sarete come la Madonna, perché sarete madri e vergini. Vedete cosa fa per voi il Signore? Sin dall’eternità ha stabilito questo tempo per ispirarvi il desiderio di prendervi cura di questi piccini che Egli considera suoi: sin dall’eternità ha scelto voi, figlie mie, per servirli. Che onore per voi, servire i figli di Dio!».


IX STAZIONE
Gesù cade per la terza volta
 E’ la terza volta che cadi, Signore, e, secondo l’iconografia tradizionale, ti costringono a rialzarti a furia di percosse: come se ti occorresse un di-più di sofferenza per darti la forza di patire ancora.
Ma tu conosci la verità nascosta.
Prima di essere innalzato fra terra e cielo, prima di poter tornare "alla destra del Padre", devi, un’ultima volta, manifestare la tua completa dedizione alla nostra terra e alla polvere di cui siamo fatti.
Cadi perché vuoi poterci abbracciare tutti, prendendoci dal basso tra le tue braccia, mentre noi cadiamo.
Cadi per la terza volta, come tre volte sei stato tentato, da Satana, a sottrarti alla tua vera "incarnazione".
Cadi tre volte, come tre volte è caduto il primo dei tuoi apostoli quando ti ha rinnegato.
Cadi tre volte, perché la terza volta è sempre quella definitiva e, se ti rialzi, è perché il Padre è «più forte di tutti» e ti farà risorgere anche "dopo tre giorni" dalla tua caduta mortale.
Signore donaci di comprendere che certe cadute sono soltanto presagio di resurrezione.
 Così il tuo Beato servo Daniele Comboni –che aveva sognato di abbracciare missionariamente l’intera Africa–, al termine della sua vita, si trovò schiantato dalla calunnia e vide approssimarsi la distruzione di tutta la sua opera.
Morì a cinquant’anni, stremato dalle veglie e dalle fatiche apostoliche, ma fedele a ciò che aveva inizialmente promesso ai suoi amatissimi africani: «Il più felice dei miei giorni sarà quello in cui potrò dare la mia vita per voi».
  X STAZIONE
Gesù spogliato delle sue vesti
 Mentre i soldati si spartiscono le tue vesti e tirano a sorte la tunica indivisibile, il tuo corpo nudo risplende di umiliazione e di gloria.
La sosta in questa decima stazione, o Signore, è sempre stata per me la più difficile, mi è riuscito difficile anche intrattenere qui i fedeli e aiutarli a contemplarTi.
Non per la tua dolorosa e tremante nudità, ma per i misteri che intuisco e che esigerebbero una sensibilità mistica: quella delle innumerevoli Sante e Santi che ti hanno adorato come loro "Sposo Crocifisso".
A ben pensare, Gesù mio, in tutta la Via Crucis è nascosto un dramma nuziale: da un lato c’è l’umanità perduta che ti rifiuta come Sposo e ti tradisce, e dall’altro c’è la tua Umanità che accetta il rifiuto e il tradimento e lo trasforma in comunione sponsale.
Così è stato nell’ultimo incontro con Giuda che tu hai veramente abbracciato e baciato.
Così è stato quando ti hanno rivestito di porpora e incoronato, come si incorona lo Sposo al momento delle nozze.
Così è stato quando ti hanno "presentato" davanti alla folla degli invitati: "Ecco l’uomo", ecco l’Eletto, l’Amato!
Così è ora che i servi ti aiutano a spogliarti, e Tu ti offri alla Sposa in gioiosa ed innocente nudità (quella del nuovo Adamo, che non ha motivo alcuno di vergogna).
Così sarà tra breve, quando ti distenderai sul letto della Croce, per un vero matrimonio con Madonna Povertà.
 Così amava contemplarti il tuo santo Diacono Francesco d’Assisi che raccontò al mondo queste nozze sublimi, al punto da volerle Egli stesso rinnovare nella Chiesa, amando la povertà come «la sua donna più cara».
  XI STAZIONE
Gesù inchiodato alla Croce
 Nella preghiera che Gesù recitava sulla croce –nel salmo che comincia «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?»– c’erano anche queste parole: «Hanno scavato le mie mani e i miei piedi / posso contare tutte le mie ossa». Ma poi la preghiera continuava: «Annunzierò il tuo Nome ai miei fratelli / ti loderò in mezzo all’assemblea».
La Croce era dunque il pulpito che il Padre ti assegnava, o Gesù, per rivelarci il Suo nome, e per lodarlo assieme a noi tuoi poveri crocifissori.
Perdonami, se penso ora al ministero che mi hai affidato e all’annuncio che mi chiedi ogni giorno di ripetere «ai miei fratelli».
La mia obbedienza ti è certo dovuta, ma poche volte ho pensato alla Tua assoluta obbedienza: a quel tuo essere stato irrimediabilmente "confitto" alla croce.
Un antico testo medievale offriva ai monaci questi «tuoi» consigli: «Come un crocifisso non può muovere le membra a proprio capriccio, né può rigirarsi, ma deve aderire immobile là dove lo hanno inchiodato, così bisogna che tu aderisca alla tua croce e rinunci a te stesso, senza poter girare la volontà dietro alle tue fantasie o al piacere di un istante, ma applicandola interamente là dove la mia volontà ti ha confitto».
Concedi anche a noi, tuoi Ministri, di restare lietamente crocifissi –in povera e nuda obbedienza– al ministero che ci hai affidato.
 Così restò quotidianamente confitto alla tua croce –per più di cinquant’anni– il Beato P. Pio da Pietrelcina, portando nel corpo le tue stesse trafitture.
Le stimmate mostrarono al modo il miracolo del sacerdozio cristiano: rendendo visibile il «caro prezzo» di sangue nascosto in ogni sacrificio eucaristico, in ogni assoluzione sacramentale, in ogni intercessione di grazie e in ogni conflitto col Maligno; il prezzo nascosto perfino nell’umile e costante soggezione alla tua Chiesa.


 XII STAZIONE
Gesù muore sulla Croce
Dopo aver perdonato l’ottusa cattiveria degli uomini, dopo aver ascoltato da un ladro pentito la prima dolcissima preghiera («Gesù, ricordati di me!»), dopo aver gridato «Ho sete!» –quasi un ultimo testamento per noi–, Gesù muore.
Signore, i mistici medievali dicevano che dovremmo meditare la tua morte in croce "insatiabiliter", senza stancarci mai di entrare nelle profondità del tuo «troppo grande amore».
Il discepolo Giovanni –il solo dei Dodici, che ti ha visto morire– ti ha osservato nel momento della morte, e ha conservato per noi un ricordo prezioso: «Gesù, dopo aver chinato il capo, esalò lo spirito».
Ad ogni morente l’ultimo respiro sfugge dalle labbra, e poi la testa si abbandona sul petto.
Tu, invece, prima hai chinato la testa e poi "hai dato lo Spirito": così il tuo ultimo respiro scese sulla piccola Chiesa già radunata ai piedi della Croce.
Quell’ultimo tuo soffio di morente era come l’alito del Creatore sul primo uomo; era come lo Spirito inviato alla Vergine nel momento della tua Incarnazione, e già annunciava quel respiro di vita nuova che avresti effuso sui discepoli la sera di Pasqua e nel giorno di Pentecoste.
 Rivedo il tuo martire S. Massimiliano Kolbe sostare sfinito davanti al mucchio di cadaveri che è stato costretto a trascinare, su un carriola, al forno al crematorio di Auschwitz. Prima di allontanarsi, mormora in un soffio: «Et Verbum caro factum est… Santa Maria, prega per noi».
Anche sul patibolo di un lager, quell’ultimo sospiro di un martire –un respiro di fede in Te e di carità per le altre vittime– fu anticipazione della «vittoria mediante la fede e l’amore».


 XIII STAZIONE
Gesù deposto in grembo alla Madre

Prima degli ultimi passi che ti condurranno al sepolcro, o Gesù, riposi un istante in pace, tra le braccia di Maria, come un figlio stanco dopo una giornata troppo lunga.
E’ stata la "giornata" che il Padre ti ha assegnato –una buona giornata di lavoro– ed anch’Egli è pronto a riprenderti con Sé.
Come Maria, anche il Padre celeste ti riaccoglie nel Suo seno e già Ti sussurra: «Mio Figlio sei tu: io oggi ti ho generato!».
La Vergine Madre trattiene silenziosamente il Tuo corpo morto tra le braccia, in fede, speranza e carità.
In lei vediamo l’immagine e il modello della Chiesa che –in gioia e sofferenza– continuamente genera i figli di Dio e ne attende la risurrezione.
A noi, tuoi ministri, concedi o Signore d’aver «pietà»: pietà per il tuo eterno sacrificio che dobbiamo quotidianamente rinnovare tenendoTi tra le mani; pietà per coloro che dobbiamo generare come tuoi figli, accompagnandoli nella passione e preparandoli alla vita risorta.
 Il Beato P. Tito Brandsma, nel campo di Dachau, all’infermiera odiata e disprezzata da tutti i prigionieri che doveva iniettargli l’acido fenico donò la sua povera corona del Rosario.
  • «No so pregare!» –fu la risposta irritata della donna. Le rispose con mitezza:
  • «Non occorre che tu dica tutta l’Ave Maria; di’ soltanto: "Prega per noi peccatori"».
Ed ella non riuscì più a dimenticare il volto di quell’anziano prete al quale aveva dato la morte. Dirà poi: «Lui aveva compassione di me!». L’aveva ucciso, ma Egli l’aveva generata alla grazia.
 XIV STAZIONE
Gesù è deposto nel sepolcro
 In Maria, la Chiesa ti ha accolto per sempre tra le sue braccia e attende il miracolo.
Nella tomba oscura, il tuo corpo giace vegliato dalla Trinità: e nell’alto silenzio accade il dialogo della Risurrezione.
Il cuore del Padre è stato ferito dalla Tua preghiera, quando gli hai chiesto «con forti grida e lacrime di essere liberato dalla morte», e il Padre –che «Ti esaudisce sempre»– non può lasciare «che il suo Santo veda la corruzione».
Così, nella notte del sepolcro, come già ha fatto nel buio della grotta di Betlemme, in potenza di Spirito Santo, il Padre nuovamente Ti genera: «luce da luce, Dio vero da Dio vero».
Né la grossa pietra sigillata, né le guardie poste a vigilare la tomba poterono impedire la transustanziazione del tuo cadavere in corpo risorto.
Da allora tutti i tuoi fedeli accettano, nel Battesimo, di essere "sepolti con te", per potere con te risorgere.
Aiutaci, Signore, a non temere i sepolcri di questa terra, e aiutaci a scendervi certi di cadere nelle mani del Padre tuo.
 Così il Beato P. Damiano de Veuster discese nel lebbrosario di Molokai –considerato allora «il cimitero e l’inferno dei vivi»– e fin dalla prima predica abbracciò tutti quegli infelici dicendo semplicemente: «Noi lebbrosi». E al primo malato che gli disse: «State attento, Padre, che potreste prendervi il mio male» rispose: «Figlio mio, se la malattia mi porta via il corpo, Dio me ne darà un altro».
Fa’, o Signore, che possiamo restare davanti al tuo sepolcro in adorante attesa, come restò Maria di Betania, la donna che ti aveva anticipatamente donato «l’olio profumato per la sepoltura" e che tu scegliesti per come prima testimone della tua Risurrezione.
FORMULA DI IMPEGNO
al termine della Via Crucis
Signore Gesù,
Ti abbiamo accompagnato nel duro «percorso della Croce», con fede, amore e speranza.
Abbiamo compreso quanto ti è costato offrirti a noi come Via per farci tornare al Padre; quanto ti è costato precipitare nell’abisso per frapporti tra noi e l’inferno, per abbracciarci nella nostra perdizione e donarci la tua stessa Vita.
Nel tuo Sommo Sacerdozio abbiamo contemplato anche il nostro sacerdozio ministeriale.
Nel tuo santo Sacrificio abbiamo contemplato il sacrificio che ci chiedi di offrire con le nostre mani e con la nostra vita: l’Eucaristia totale che dobbiamo e vogliamo presentare al Padre Tuo.
Nella tua Obbedienza fino alla morte di Croce, abbiamo contemplato anche l’obbedienza che abbiamo promesso a Te e alla tua Chiesa.
Nella passione del tuo Amore assoluto, abbiamo contemplato anche l’offerta casta di tutto il nostro io –nel corpo e nell’anima– perché destinato a trasmettere il tuo amore.
Fa’ che questa ripetuta contemplazione diventi azione umile e quotidiana, servizio fedele e indomabile.
In questa Via Crucis ci ha accompagnato il vivo ricordo della Santa Vergine Addolorata –Madre anche del nostro sacerdozio– e ci ha aiutato l’esempio generoso di Santi Sacerdoti.
Per la loro intercessione, Signore, concedici di saper «dare la vita» per il nostro gregge, come il buon pastore che non fugge mai, ma sempre custodisce e protegge le sue pecore.
Donaci il tuo Santo Spirito che ci rende santi, e rinnova in noi la felice coscienza di essere "figli" del tuo Padre celeste: figli in Te Figlio, mandati nel mondo "per ricondurre tutti i dispersi figli di Dio".
Amen.

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