lunedì 30 marzo 2015

TRIDUO PASQUALE INSIEME AI SANTI CARMELITANI (meditazioni)

La passione, il silenzio, la resurrezione
con i grandi Carmelitani del secolo d’oro 
Venerdì
della Passione del Signore
Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spez­zarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. …
Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura:
Non gli sa­rà spezzato alcun osso. E un al­tro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. (Gv 19, 33-37)

s. Teresa di Gesù (1515-1582)
conversione: Vida, 8,1.3:
1 – Entrando un giorno in oratorio i miei occhi cad­dero su una statua che vi era stata messa, in attesa di una solennità che si doveva celebrare in mona­stero, e per la quale era stata procurata. Raffigurava nostro Signore coperto di piaghe, tanto devota che nel vederla mi sentii tutta commuovere perché rap­presentava al vivo quanto Egli aveva sofferto per noi ebbi tal dolore al pensiero dell' ingratitudine con cui rispondevo a quelle piaghe, che parve mi si spezzas­se il cuore. Mi gettai ai suoi piedi in un profluvio di lacrime, supplicandolo a darmi forza per non offen­derlo più. […]
3 – Ma nulla mi fu più utile che di prostrarmi innanzi alla statua che ho detto. Io allora diffidavo molto di me e mettevo ogni fiducia in Dio. E mi pare che gli dicessi che non mi sarei alzata dai suoi piedi, se non mi avesse concesso quello di cui lo pregavo. Certamente Egli mi deve aver ascoltata, perché d'al­lora in poi mi andai molto migliorando.
Questo era il mio metodo di orazione. Non potendo discorrere con l'intelletto, procuravo di rappresen­tarmi Gesù Cristo nel mio interno, specialmente in quei tratti della sua vita in cui lo vedevo più solo, e mi pareva di trovarmi meglio. Mi sembrava che, es­sendo solo ed afflitto, mi avrebbe accolta più facil­mente, come persona bisognosa d'aiuto. – Di simili ingenuità ne avevo parecchie.
Mi trovavo molto bene con l' “orazione dell'orto” do­ve gli tenevo compagnia. Pensavo al sudore e all'affli­zione che vi aveva sofferto, e desideravo di asciugar­gli quel sudore così penoso. Ma ripensando ai miei gravi peccati, ricordo che non ne avevo il coraggio. Me ne stavo con Lui fino a quando i miei pensieri lo permettevano, perché mi disturbavano assai.

s. Maria Maddalena de’ Pazzi (1566-1607)raccogliere i frutti della passione: Probatione vol. 2, 19 agosto 1593:
"Il divin Verbo tien fornito il giardino del cuor suo di infiniti fiori e frutti acciò che le spose sua ne possin ire a prendere.
O che a me converrà non pigliare né fiori né frutti, ma saettare di continuo il cuor tuo e inclinarlo a quei cuori che sai come sono. -----
"Nell'amoroso costato dobbiam pigliare ogni riposo e quiete, dove è la vita mia, dove acquisto ogni sapien­tia e scientia, ogni prudentia e bontà, e la carità che è la perfezione di tutte. ----- Quivi si arma l'anima con­tro ogni avversità, probatione e tentatione che potes­si avvenire. -----
"Il Sangue procedente dallo svenato Agnello, Verbo eterno, dico dev’esser quello che deve mutar tutte le potentie. -----
A mutar la memoria da ogni cosa che gli potessi tor­nare in util suo, e affissarla a ogni perfetto e intero voler tuo. -----
Mutar l'intelletto d'ogni capacità che ha delle cose create, e convertirsi in ignoranza, e divenir capace della grandezza e perfezione della vocation sua. --
Devesi mutare la volontà con lasciare ogni affezione che ha posto alle cose che son sotto Dio, e porla in Dio e nelle creature create all'immagine sua. --
"Vorrebbe lo Sposo mio e Sposo nostro che la sposa sua e spose sua fussino in tal modo che anche in ogni minima cosa risplendessi la grazia sua, e in nulla non si potessi apporre alla perfezione loro. ---
Bisogna in tutto nutrirsi di Sangue a voler compire e haver in sé tal virtù, Sposo mio! ----- Bisogna in tutto, in tutto aver lasciato ogni proprio essere, ancor che spirituale, a volere avere tal virtù.
"O Jesu mio, di chi è questo Sangue? Di chi non ama sé. Chi se ne nutrisce? Chi non desidera [s]e non te.
Chi ne consegue una gloria non comune a tutti, ma particolare? Chi non teme di lasciar te per onorar te. Chi intende queste cose? I secolari umili, e i religiosi poveri.
Chi ti fa sudare, Iddio mio? Chi non ti vuole udire. Tanti pochi ti seguono, Dio mio! -----
Oh, come si rinfrescan ben le colombe nel costato tuo! Come si ciban ben l'aquile nel capo tuo! -----
Quanto rubiconde e preziose divengon l'anime nel' costato tuo, quanto feconde nel capo tuo, quanto agi­li nella bocca tua!
"O Jesu mio, tira a te tutti e' cuori delle tua creature! ----- Bellezza, della cui bellezza tutte l'anime acqui­stano il decoro e bellezza, e si conducono a godere la vision tua!" ----- Laus Deo et Virgini.

s. Teresa di Gesù – meditazione della passione: Castello interiore, VI, 7, 6:
10. […] Io chiamo meditazione un discorso fatto con l’intelletto nel modo seguente. Cominciamo col pensare alla grazia che Dio ci ha fatto nel darci il suo unico Figliuolo; poi percorriamo senza fermarci tutti i misteri della sua gloriosa esistenza; oppure cominciamo con l’orazione nell’orto, seguendo con l’intelletto nostro Signore fino alla sua crocifissio­ne; ovvero prendiamo un passo della passione, per esempio la cattura, e percorriamo questo mistero considerando minutamente tutte le circostanze che possono fare impressione, come il tradimento di Giuda, la fuga degli apostoli e tutto il resto. Que­sta è un’ orazione assai bella e molto meritoria.
11 – Eppure, ripeto, questa è l’orazione che le anime elevate da Dio agli stati soprannaturali e alla con­templazione perfetta dichiarano di non saper fare. Io non ne so il motivo, ma ordinariamente è così, ed esse han ragione.
Però, s’ingannano quando affermano di non potersi trattenere in questi misteri, né richiamarseli alla memoria, specialmente quando la Chiesa Cattolica li festeggia, essendo impossibile che un’anima, do­po aver ricevuto da Dio tante grazie, si dimentichi di così preziose manifestazioni di amore, che sono come ardenti scintille, atte ad infiammarla sempre più nella sua carità verso Dio. No, quelle anime non si devono intendere.
Quei misteri si comprendono in un modo più eleva­to. L’intelletto li rappresenta così al vivo, e la me­moria ne rimane così impressionata che la sola vi­sta del Signore prostrato nell’orto con quel sudore spaventoso, basta ad occuparci, non solo per un’o­ra, ma per molti giorni di seguito.
Con un semplice sguardo si vede chi Egli sia, e quanto enorme la nostra ingratitudine verso un do­lore così grande. Accorre subito la volontà, sia pure senza tenerezza, ma col desiderio di rispondere in qualche cosa a tanta grazia e di soffrire un poco per Colui che ha tanto sofferto, ed altri simili desideri molto atti ad occupare la memoria e l’intelletto.
Questo, a mio parere, è il motivo per cui l’anima non può passare innanzi e discorrere a lungo sulla passione, e ciò le fa credere di non sapersi in essa occupare.



Sabato santo
Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pe­sce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. (Mt 12,40)

s. Maria Maddalena de’ Pazzi – nel “laco de’ leoni” (1587?): Probatione 1, pp.121-123:
Si stava la detta Anima in questo tempo molto afflit­ta e depressa per il gran patire interiore delle tenta­zioni e continua vista dei Demoni, di modo che da se stessa qualche volta diceva con chi ha sicurtà: "Io non so quello che io mi sia, non so se mi sono crea­tura. In me non è restato altro di bene se non un poco di buon volere di non offendere Dio. Altro non è in me. E sono un ricettacolo d'iniquità cagione di tutti i mali e offese che si fanno a Dio, in modo chi sto qualche volta a considerare come Jesu e ancora le creature sua mi sopportan sopra la terra".
E spesso dice simil parole. E a lei par così, però che non gusta punto Dio in cosa nessuna in quanto al sentimento della grazia, anzi per le molte e continue tentazione gli par sempre offenderlo.
E ora il Signore l'ha condotta a un termine che vuole che la faccia tutte le cose contrarie alla natura sua, e ancora a quello che supera la natura, cioè alla grazia.
Però che tanto quanto essa era ansiosa e desiderosa di fare tutti gli esercizi della santa religione, tanto ora il Signore la prova al contrario, dandogli tanta aridità e siccità di mente che non gli pare aver voglia di fare ben nessuno, né di concorrere agli esercizi della religione, ancor che per questo non lassa però di fargli, eccetto qualche volta che non è stata libera di se, avendo il' Signore concesso al' Demonio, per sua gran probatione e merito, tanta potestà che alle volte ha avuto tanta forza, per permission di Dio, che l'ha tirata indietro da qualche esercizio della religio­ne, come è rimanere fuor di coro, di refettorio e simil cose. Ma ne fa ben poi la penitenza, però che tante sono le lacrime che sparge, il dolore e l'afflizione che ne porta, che mai si consolerebbe.
Se non che il Signore gli fa poi conoscere che è per­missione sua acciò possa avere compassione agli al­tri, sendo che, come più volte mi ha detto, innanzi che entrasse nella probatione, non avrebbe mai pen­sato che simil pensieri e tentazioni potessin mai ca­scare nelle mente delle creature, tanto era sempre unita attualmente col' Signore.
Ma esso dolcissimo e benignissimo Jesu gli vuol mo­strare e fargli per prova intendere che la perfezione non consiste in gustare esso Dio, ma sì bene in patire volontariamente, e vincere e superare le tentazione perché, come dice S. Paolo, la virtù si conosce per il suo contrario; e ancora che la virtù si fa perfetta nel­la infermità (cf. 2 Cor. 12,9), se bene ora a lei è velato tal lume e gli pare continuamente offendere Dio e tornare indietro, non che venire alla perfezione, sì come la fa, avvedendoci noi che ogni dì cresce in lei il lume e cognition di Dio e di se stessa, l'umiltà, di­spregio di se stessa, obbedienza e l’altre virtù. Ora tornandomi qui a proposito per avere a narrare una cosa, dirò come questa benedetta Anima ha ricevuto dal Signore molti doni e grazie grandissime, ma fra gli altri questi cinque particolari, come si può vedere nei sua ratti e rivelazioni. E prima è stata sposata dal dolcissimo Jesu e da esso ricevuto l'anello; secondo: a similitudine di Santa Caterina da Siena ha il cuor di Jesu; terzo: ha la corona di spine; 4: le sante stigmate interiormente nell'anima; e quinto: quella intrinseca e suprema purità di perfezione che a pochi è concessa.
Venendo ora al proposito di quello che si ha da dire, dico che sì come il Signore gli ha dati questi doni, co­sì ora in questi cinque anni di probatione gli permette che sia depressa e afflitta da cinque grandissime ten­tazioni, cioè: tentazione di fede, tentazione di super­bia, tentazione contro la purità, tentazione di dispe­razione, tentazione di gola. E queste sono le principa­le, se bene se ne tirano dietro molte altre [p. es. "nella vocazione, con tentazioni di lasciar l'abito della Reli­gione; nell'umiltà, con stimoli di superbia; [...] e nel­l'ubbidienza, con farle sentir tedio, ripugnanza e con­traddizione a gli ordini, all'ubbidienza et alla volontà dei Superiori e della Religione": Reconesi/Puccini, Vita 85].


Pasqua di Resurrezione
Dic nobis, Maria,
quid vidísti in via?
Sepúlcrum Christi vivéntis:
et glóriam vidi resurgéntis.
Angélicos testes,
sudárium et vestes.
Surréxit Christus
spes mea ... .
(seq. lit.)

s. Teresa di Gesù - l’incontro con il Ri­sorto: Relazioni spirituali, 15, 6:
6. Un giorno, dopo la comunione, mi parve assai chiaramente che nostro Signore si sedesse accanto a me e cominciasse a consolarmi con grandi mani­festazioni di tenerezza, dicendomi fra l’altro: «Ec­comi qui, figlia mia, sono io; porgimi le tue mani», e mi sembrava che me le prendesse e le avvicinasse al suo costato, aggiungendo: «Guarda le mie pia­ghe. Tu non sei senza di me. La vita passa rapida­mente». Da alcune cose che mi disse capii che, dopo essere asceso al cielo, non è più disceso sulla terra per comunicarsi agli uomini se non nel santissimo Sacramento.

s. Teresa di Gesù
l’incontro con il Risorto: Vida, cap. 28:
3. Un giorno che era la festa di san Paolo, mentre sta­vo a Messa, mi apparve tutta la sacratissima umani­tà di Cristo, in quell’aspetto sotto il quale lo si suo­le rappresentare risorto, con quella gran bellezza e maestà di cui ho scritto particolarmente alla signo­ria vostra […]. Dirò soltanto che, quand’anche in cielo non vi fosse altra gioia per la vista, se non la grande bellezza dei corpi glorificati, se ne avrebbe già una immensa beatitudine, specialmente nel con­templare l’umanità di Gesù Cristo nostro Signore. Se infatti è così sulla terra dove Sua Maestà si mo­stra in conformità di quanto può sopportare la no­stra miseria, che sarà dove si godrà pienamente di un tale bene? […]
4. […] neppure se fossi stata molti anni a sforzarmi d’immaginare uno spettacolo così bello avrei potu­to né saputo figurarmelo, trattandosi di qualcosa che trascende ogni umana immaginazione, anche solo per il candore e lo splendore.
5. Non è uno splendore che abbaglia, ma una bian­chezza soave e un infuso splendore, che dà molto godimento alla vista senza stancarla, come non la stanca la chiarezza che aiuta a vedere tale divina bellezza. È una luce così diversa dalla nostra che la luce del sole sembra offuscata, in confronto a quel­la chiarezza e a quello splendore che ci si presenta alla vista, tanto che dopo non si vorrebbe più aprire gli occhi. […]
8. Non ho inteso, anzi, fare un paragone, perché i pa­ragoni sono sempre imperfetti, ma dire la verità, es­sendovi qui la stessa differenza che passa tra una persona viva e il suo ritratto, né più né meno. Infat­ti, se è un’immagine, è un’immagine viva, non un uomo morto, ma Cristo vivo, il quale rivela che è uomo e Dio, facendosi vedere non come quando stava nel sepolcro, ma come quando ne uscì ormai risorto. E a volte ci viene davanti con tanta maestà da non far sorgere alcun dubbio che sia proprio il Signore, specialmente dopo la comunione nella quale già sappiamo che è lì presente, come ci inse­gna la fede. Si mostra allora così padrone di quella dimora che all’anima, tutta disfatta, sembra di sen­tirsi consumare in Cristo. […]
9. Qui si vede chiaramente, Gesù mio, quanto poco, di­nanzi a voi, possano tutti i demoni e come chi vi soddisfa possa calpestare tutto l’inferno. Qui si vede perché i demoni abbiano dovuto tremare di spaven­to quando discendeste al limbo, desiderando mille altri più profondi inferni per sfuggire a una così grande maestà, ed io mi rendo conto che voi volete far capire all’anima quanto essa sia grande e quanto sia potente questa sacratissima umanità congiunta alla divinità. Da ciò è facile immaginare che cosa sa­rà, nel giorno del giudizio, vedere la maestà di que­sto Re e vederne l’inflessibilità verso i cattivi. Qui è il momento della vera umiltà, lasciata nell’anima dalla vista della sua miseria, che essa non può assoluta­mente ignorare; qui prova gran turbamento e since­ro pentimento dei suoi peccati tanto che, anche ve­dendo che Dio le dimostra amore, non sa dove na­scondersi, e si sente distruggere. […]

s. Giovanni della Croce (1951-1591) - l’in­tima unione con Dio: Fiamma viva d’amore (A):
1. O fiamma d’amor viva, / che tenera ferisci
dell’alma mia il più profondo centro!
Poiché non sei più schiva, / finiscimi se vuoi,
il velo squarcia a questo dolce incontro!
2. O dolce cauterio! / Deliziosa piaga!
Morbida mano, tocco delicato,
che sa di eterna vita e ogni debito paga!
Morte in vita, uccidendo, hai tramutato!
3. O lampade di fuoco, / nei cui vivi bagliori
gli abissi più profondi del mio senso,
prima oscuro e cieco, / con rara perfezion
all’Amato or dan luce e calor!
4. Come mite e amoroso / ti svegli sul mio seno,
dove in segreto e solo tu dimori!
Col tuo dolce respiro / di bene e gloria pieno,
quanto teneramente m’innamori!

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