venerdì 30 gennaio 2015

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 Un bell'Articolo! 

E se la storia dell’arte sull’immagine di Dio ci aiutasse a comprendere il rispetto reciproco?

di P. Ermanno Barucco ocd

1-PapaaereoPapa Francesco parla di libertà religiosa e di libertà di espressione: un’armonia possibile?

Durante il viaggio verso le Filippine, dopo che papa Francesco aveva affermato in Sri Lanka che la libertà religiosa è un diritto umano fondamentale, un giornalista francese gli ha posto questa domanda: «Nel rispetto delle diverse religioni, fino a che punto si può arrivare nella libertà di espressione, che pure è un diritto umano fondamentale?».
Il papa ha subito detto che era chiaro che avrebbe parlato dei fatti accaduti a Parigi pochi giorni prima, dal 7 al 9 gennaio. Così da una parte ha ribadito che «ognuno ha il diritto di praticare la propria religione, senza offendere, liberamente», infatti, ha continuato, «non si può offendere, fare la guerra, uccidere in nome della propria religione, cioè in nome di Dio», poiché ciò «è un’aberrazione», dall’altra parte ha sottolineato che la libertà d’espressione non solo è un diritto, ma è anche un obbligo, «l’obbligo di dire quello che si pensa per aiutare il bene comune». Questa è la finalità della libertà di espressione, e per questo non può essere usata per offendere. L’offesa può provocare delle reazioni, che non devono mai essere violente, ma reagire a delle offese, nel modo opportuno, «è normale», come ad esempio quando qualcuno dicesse «una parolaccia contro la mia mamma». Così pure, e a questo voleva arrivare papa Francesco, «non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede». Soprattutto quando l’atteggiamento di fondo, secondo una mentalità post-positivista ereditata dall’illuminismo, è quello di considerare la religione o le espressioni religiose «una sorta di sottocultura, che sono tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminata». Così ne deriva che «tanta gente sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo “giocattolizza” la religione degli altri, e così provoca». C’è quindi un limite anche alla libertà di espressione, perché la religione «rispetta la vita umana, la persona umana», mentre quelli che uccidono in nome di Dio sono dei fanatici che tradiscono la propria religione. Ma la religione, insiste papa Francesco, «non posso prenderla in giro. E questo è un limite. Ho preso questo esempio del limite, per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti come quello della mia mamma». Si tratta quindi del limite del non offendere nel dire liberamente, cioè avendo come fine il bene comune.

“PrayersForParis”: i primi giorni dopo i tragici attentati di Parigi e una risposta a “Je suis Charlie”

2-jesuisCharlieProviamo a comprendere qual è la portata delle parole di papa Francesco nel contesto dei fatti accaduti a Parigi. Le manifestazioni in favore di Charlie Hebdo, soprattutto quella chiamata “Je suis Charlie” (Io sono Charlie), rendono giustamente onore a vittime di attentati terroristici e vogliono difendere la libertà di espressione, ma dobbiamo anche chiederci: che tipo di libertà di espressione stiamo difendendo? Subito dopo gli attentati era giusto mantenere un certo silenzio, onorare coloro che sono morti ingiustamente, dire no ad ogni forma di violenza e terrorismo. E anche il tweet del papa in quei giorni, “PrayersForParis” (preghiere per Parigi), era espressione di un cuore orante vicino alle vittime, senza dover per forza condividere quel “Je suis Charlie” (il papa non l’ha fatto appunto) e un certo modo di fare satira, spesso esercitata offendendo la religione, che sia quella musulmana, quella cristiana o altre. Non era necessario spingersi a dire “Io non sono Charlie”, come ha fatto Jean-Marie Le Pen in Francia: in quei giorni bisognava tacere, e bastava dire “PrayersForParis”. Questo non avrebbe significato che non ci fossero ragioni valide per non essere d’accordo su certe vignette di Charlie Hebdo. Tuttavia non tacendo in certi momenti “si passa dalla ragione al torto”, utilizzando espressioni che possono offendere, cioè facendo proprio ciò che si rimprovera agli altri.

Una settimana dopo: il tempo di una riflessione sul modo di fare satira

3-prayers4parisLe parole di papa Francesco nell’intervista indicano però che è anche venuto il tempo di fare una riflessione ulteriore, quella appunto sul modo di intendere la libertà di espressione e in particolare la libertà di espressione che utilizzano la satira o la caricatura. Basta aver visto alcune delle decine di vignette di Charlie Hebdo che hanno riempito i media in questi giorni per capire che a volte “si è passato il limite”, mancando di rispetto ai valori culturali e religiosi degli altri. Si sono offesi la religione e i credenti, si è offesa la Vergine Maria, “la mia mamma”, e io credente non posso non reagire, nel modo giusto e appropriato, senza violenza. Inoltre Charlie Hebdo è un giornale che si rifà all’ideologia sessantottina e alla rivoluzione sessuale (e infatti molte vignette sfiorano la pornografia). Questa ideologia considera la religione come un prodotto sotto-culturale dell’umanità, anzi, quello che essa conosce della religione non sono le sue espressioni vere e profonde, ma proprio quelle che sono già delle caricature perché delle forme distorte, come il pietismo farisaico o il fondamentalismo terrorista. Se la vignetta vuole smascherare ciò che la religione (e Dio) non è, allora aiuta a purificarla ed è al servizio della religione, e quindi della società. Ma se va oltre e considera la religione sempre e comunque sbagliata, la offende e non rispetta i suoi valori.
3-prayerstwitterQueste ultime riflessioni le possiamo ritrovare in un libro, La caricatura e il sacro. Islam, ebraismo e cristianesimo a confronto, scritte da un esperto di storia dell’arte religiosa, François Bœspflug. Il libro è stato pubblicato pochi mesi dopo le reazioni violente di diversi gruppi islamisti, nel febbraio 2006, alla pubblicazione sui giornali di tutto il mondo di alcune caricature di Maometto con una bomba nel turbante. Utilizzando parole simili a quelle del papa, l’autore affermava che «l’offesa non giustifica né la violenza né l’assassinio», altrimenti l’omicidio conferma paradossalmente la caricatura nel suo significato negativo, poiché «una bomba disegnata su un foglio di carta non ha lo stesso effetto di una bomba reale quando esplode. La peggior caricatura morale di Dio, la più irreligiosa, quella che veramente lo sfigura e non può mai essere giustificata, neppure dalle peggiori caricature di Dio, è uccidere l’uomo che è immagine di Dio».

Conoscere la storia della rappresentazione iconografica di Dio porta a rispettarla: la proposta dell’autocensura della satira

4-storiaarteDioQuando F. Bœspflug rilegge in senso positivo la caricatura come ciò che può aiutare a purificare l’immagine che ci si è fatta di Dio (il quale non è, con tutta evidenza, quella cosa che viene descritta!), dall’altro afferma che non si può in nome della libertà di espressione dire tutto e denigrare tutti. La proposta interessante del suo libro è che egli scarta la possibilità di una “nuova polizia” dell’immagine e si richiama all’autocensura, come già alcuni caricaturisti propongono. L’autocensura non è il tradimento della «libertà di espressione», «assolutamente preziosa» e da rispettare, ma ne è paradossalmente la vera realizzazione, in «un’educazione civica al ritegno» in vista di un bene che è altrettanto prezioso: «la pace sociale» nel rispetto della differenza (culturale, religiosa, etc.). Le autorità politiche e quelle religiose, i giornalisti come gli addetti della cultura e dell’arte, devono evitare la pericolosa trappola che può divenire “il potere dell’immagine”. Per evitarla è necessario – conclude F. Bœspflug indicando anche lo scopo principale del suo testo – prender coscienza (e conoscenza) della storia della rappresentazione iconografica di Dio, perché ciò porta a rispettarla. Il libro è infatti un’analisi approfondita del rapporto tra immagine e sacro nelle tre religioni monoteiste, ma ci sono spunti anche per comprendere il rapporto della religione con l’umorismo e le caricature.

Offendere i valori e i simboli delle persone per ottenere un effetto benefico è un’illusione ideologica

5-storiaarteDioA partire da questi spunti possiamo trarre la nostra conclusione. Charlie Hebdo è figlio di quell’ambiente culturale che a partire dall’epoca moderna fa del Cristianesimo l’obiettivo preferito di un’ironia esacerbata, in misura e in modo tale da non avere paragoni nella storia (tranne un caso nella Grecia antica), in quanto si tratta di qualcuno che denigra il “proprio” Dio, il Dio a cui fa riferimento il popolo di cui si è parte, e non gli dei degli altri popoli! Negli ultimi anni anche l’Ebraismo e l’Islam sono stati fortemente “attaccati” passando ogni limite, ottenendo però lo scopo contrario a quello che Charlie Hebdo dichiarava di voler suscitare con le vignette, cioè “provocare” la reazione dei veri musulmani perché prendessero le distanze dai terroristi. Facendo vignette che offendono i valori, anche culturali, e i simboli della religione, Charlie Hebdo perde l’appoggio proprio di quanti vuole attirare alla propria causa, poiché i veri credenti si sentono offesi. Una cosa simile accadrebbe ai cittadini che vedessero oltraggiata la propria bandiera nazionale! Non si possono offendere i valori della gente e i simboli che li rappresentano considerando ciò una semplice “provocazione” per ottenere un effetto benefico. È un’illusione ideologica. E lo sarebbe stata anche se non fosse accaduto nessun tragico epilogo.

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