domenica 30 novembre 2014

La scoperta del regalo più bello

bimba-e-sorella
C’è stato un istante, mentre compravo gli ultimi regali di Natale in un negozio affollato – e fremevo per la coda alla cassa, e perché era tardi, e mi dicevo che certo intanto avevo preso anche una multa per la sosta vietata – c’è stato un istante in cui però mi sono bloccata a considerare gli orecchini a forma di campanella, detti “acchiappafate”, che stavo per regalare alla bambina. Mi sono fermata, in mezzo al casino della vigilia, a guardare quei due campanellini dorati con una strana e stupita tenerezza. Non per gli orecchini, ma per lei, al pensiero di come avrebbe sorriso nel vederli, e sarebbe corsa a metterseli davanti allo specchio, e sarebbe tornata tintinnando con i suoi acchiappafate. Lì in coda alla cassa improvvisamente ho smesso di rimuginare sul caos, sui vigili, sulla fretta e sono stata grata di avere tre figli, e una ancora bambina, e allegra come una farfalla, e di potere farle dei regali, che lei avrebbe aperto ansiosa e ridente….
Ma gli orecchini in mano dicevano: lei c’è, gli altri due e tuo marito ci sono, sono a casa, ti aspettano. Allora è stato come un fiotto di gratitudine: grazie di avermeli dati, e di ogni singolo minuto con loro. Io non avrei saputo, di quei tre, fabbricare un capello; e me li sono ritrovati in braccio affamati, strillanti, perfetti. Dal nulla, mi sono stati dati tre figli….
C’era, in un libro di Luigi Giussani di qualche anno fa, un passaggio all’apparenza semplice come una formula matematica. «Gratitudine, gratuità, letizia», diceva quella frase di ‘Il tempo e il Tempio’. Gratitudine, cioè riconoscimento di ciò che si ha, come un principio che può trasformarsi in gratuità di sguardo, e poi in letizia. Avevo letto e riletto quel passaggio, senza riuscire a capire davvero… Gratitudine, gratuità, letizia: pareva così semplice, ma non funzionava.
Il fatto è, credo, che riconoscere, vedere, non è uno sforzo di volontà, ma un dono (un dono da domandare anche per tutta la vita). Ma sarà poi duratura, mi chiedo diffidente,questa gratitudine passata addosso come una folata di vento? Non so. Non è cosa che appartenga, che si possieda. Forse la si può solo, ogni mattina, domandare.
(Marina Corradi, Tempi, 08 gennaio 2009)

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