lunedì 11 agosto 2014

Siamo tutti Nazareni (di Michelangelo Nasca)

Siamo tutti “Nazareni”

nika

Che i cristiani si convertano, oppure paghino la “jizya” (un’onerosa tassa imposta a tutti coloro che non sono musulmani), oppure lascino la città e le proprie case con indosso soltanto i vestiti, senza portare via nulla, poiché d’ora in avanti le case dei cristiani – marchiate con la lettera “N”, perché “nazareni” – sono proprietà dello Stato islamico. E’ il drammatico resoconto riportato dal Patriarca caldeo di Baghdad, Mar Louis Raphael Sako I, in una lettera aperta inviata in questi giorni ad AsiaNews, a proposito del genocidio che si sta consumando in Iraq.
Un esodo forzato e macchiato dal sangue di tantissimi cristiani, quelli che portano nel loro dna – ancora oggi – le profetiche parole annunciate da Cristo: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. […] Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato» (Gv 15, 18. 20-21).
Non si tratta di vittimismo ideologico, le parole del Nazareno descrivono (con un assurdo legame tra passato, presente e futuro) la strada che ogni discepolo, d’ora in avanti, è chiamato a percorrere, come ricorda anche l’evangelista Luca nel suo Vangelo: «Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. […] Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà» (Lc 21, 12-13; 16-18).
“Nessuno sa – precisa il Patriarca caldeo di Baghdad – cosa porteranno i prossimi giorni, dato che le leggi di questo Stato islamico sono basate su quella che loro dicono essere la sharia, inclusa la ridefinizione delle identità sulla base della religione e dell’appartenenza settaria. Queste richieste offendono i musulmani e la reputazione dell’islam, che sostiene la libertà per ognuno di avere la religione che preferisce e che proibisce la costrizione negli affari di fede, e sono in contraddizione con i 1.400 anni di storia e di vita del mondo islamico”.
Nel frattempo centinaia di persone – persino i bambini – vengono barbaramente trucidate. C’è chi – musulmano – si schiera clamorosamente a favore dei cristiani; cresce, infatti, sui principali social network, la solidarietà nei confronti dei cristiani di Mosul: “Siamo tutti cristiani” – scrivono – “Sono iracheno, sono cristiano”, “Siamo tutti Noon (nazareni)”.
I nostri persecutori, intanto, ci regalano un nuovo simbolismo di fede cristiana, la “N” che definisce i nazareni, i seguaci di Cristo; un simbolo intinto – come un’ostia consacrata – nel sangue di questi nuovi martiri. La lettera “N” ci ricorda però, un altro e interessante dettaglio iconografico, presente in molte rappresentazioni sacre della tradizione orientale. Di solito, nell’icona della Crocifissione compare la seguente abbreviazione (in greco e slavo): IC / XC (le prime e le ultime lettere del nome di Gesù Cristo in greco) e il verbo NI / KA (che in greco vuol dire “conquista, è vittorioso”. L’iscrizione completa, dunque, traduce: “Gesù Cristo, vincitore (della morte)”.

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