martedì 28 febbraio 2012

Video e Film su SAN TOMMASO BECKET (ITINERARIO DEI SANTI 2012)

Titolo originale: Becket  e il re
Genere: Storico
Nazione: Gran Bretagna
Anno di produzione: 1964
Data di uscita al cinema: n.d.
Durata: 148 Minuti
Regia:
Interpreti:
Premi e nomination: Premio Oscar - Miglior Sceneggiatura
2 Golden Globe - Miglior Film, Attore



Trama e recensione del film Becket e il suo re
Inghilterra, 1162. Re Enrico II, in conflitto con la Chiesa dalla quale pretende di ottenere i finanziamenti per la campagna militare contro la Francia, decide di far eleggere il suo amico Thomas Becket, Cancelliere del Regno, alla carica di Arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra, con il proposito di manovrarlo secondo i propri fini; ma i contrasti politici rovineranno il rapporto fra i due uomini.

Becket e il suo reFra le numerose pellicole cinematografiche realizzate negli Anni ’60 e basate su alcuni dei momenti salienti della storia inglese, uno dei titoli più importanti è senza dubbio “Becket e il suo re”, diretto dal regista Peter Glenville nel 1964. Tratto dal testo teatrale “Becket o l’onore di Dio” di Jean Anouilh, già portato in palcoscenico dallo stesso Glenville con Laurence Olivier ed Anthony Quinn, “Becket e il suo re” ha riscosso un grande successo, aggiudicandosi il premio Oscar per la sceneggiatura di Edward Anhalt su dodici nomination e due Golden Globe. Protagonisti di questo sontuoso dramma storico in costume sono due dei maggiori interpreti britannici della loro generazione: l’irlandese Peter O’Toole nel ruolo di Re Enrico II ed il gallese Richard Burton in quello del suo fedele amico Thomas Becket, Cancelliere del Regno ed in seguito Arcivescovo di Canterbury.

Il film di Glenville è interamente incentrato sulla figura di Thomas Becket, eletto primate d’Inghilterra nel 1162, che si batté per difendere gli interessi del clero e la libertà della Chiesa, scontrandosi aspramente con il sovrano. Ritiratosi in Francia, Becket rientrò in Inghilterra nel 1170, ma venne ucciso quello stesso anno nella Cattedrale di Canterbury, durante una funzione religiosa; nel 1173, venne proclamato santo da Papa Alessandro III. Una vicenda di grande suggestione, che aveva già ispirato il celebre dramma “Assassinio nella cattedrale” di T.S. Eliot, e che qui rivive sul grande schermo in una ricostruzione di due ore e mezzo in grado di unire storia e spettacolo, eventi pubblici e sentimenti privati.

Movimento Ecclesiale Carmelitano : Dal Ritiro di Quaresima (Adro 25 Febbraio ) Appunti dalla Meditazione di Padre Gino Toppan

"QUARESIMA,TEMPO DI GRAZIA"

"La Tua grazia vale più della vita"...Se tutto il tempo è di Dio e se ogni istante è buono per questa grazia,questi 40 giorni di Quaresima sono giorni particolari in cui Dio vuole essere ancora più vicino all'uomo.
Vuole essere buono e misericordioso in modo particolare..
Bisogna prendere sul serio i 5 punti suggeritici da Padre Antonio su: (Eucarestia,Confessione,Preghiera,Comunità,Amore e perdono in Famiglia)
Gesù dice "Il Regno è Compiuto..è vicino..CONVERTITEVI E CREDETE AL VANGELO"
Gesù non perde tempo..taglia corto..Ti chiede di Convertirti..
Ma "Signore cosa vuoi che io faccia?"E' necessario fare Storia..decidere per la vita,decidere per l'Alleanza con Dio
PERCHE' OGGI NEL MONDO E' VENUTA MENO PERSINO LA SOFFERENZA DELL' "ASSENZA" DI DIO!!
 “Si è voraci, ma non sazi. A chi ha fame dell’Assoluto non viene
insegnata la relatività dei beni e degli appetiti terreni, ma l’assolutezza della relatività
che rende tutto ugualmente opinabile” (p. Antonio Sicari).

5 punti da ricordare:
-Dare un senso alla vita..la piaga del peccato ha bisogno del sangue di Cristo per guarire
-Gesù che soffre e muore è l'accusa più grande per noi,ma Gesù è l'amore più travolgente che può essere donato
-Che guardando le nostre opere possano ammirare Gesù Cristo
-La comunità,vivendo la fede,ci aiuta a correggerci e sostenerci per un amore più grande
-Ciò che deve sgorgare è la passione perchè Cristo sia conosciuto (Dio può far fiorire il Deserto)

Bisogna credere sempre che:
-La Grazia riscatta Tutto..Chi ha sbagliato può riscattarsi con la Misericordia di Dio
-Bisogna vivere alla Sua Presenza momento per momento..L'istante diventi grande come L'infinito..
-Bisogna convertirci e non aver paura di dare del tu a Dio con la coscienza della nostra SPROPORZIONE MA INSIEME CON LO STUPORE DELLA SUA PRESENZA.
"La via della perfezione parte dal riconoscere il nostro nulla " (S,Teresa di Gesù Bambino)

PADRE GINO HA CONCLUSO COSI' LA SUA MEDITAZIONE:
Senza Cristo, il niente! Senza Cristo tutto diventa amarezza. Senza Cristo non
possiamo fare nulla. Viceversa abbiamo la grande prospettiva insegnataci da
San Giovanni della Croce: “Miei sono i cieli e mia è la terra, mie sono le genti, i
giusti sono miei e miei sono i peccatori; gli angeli sono miei e La Madre di Dio
e tutte le cose sono mie; e lo stesso Dio è mio e per me, perché mio è Cristo e
tutto per me”.


(Appunti non rivisti dal relatore)

lunedì 27 febbraio 2012

Appunti dalla Scuola di Cristianesimo del 20 Febbraio

Bisogna lasciarsi affascinare e rapire dalle Pagine del Vangelo.

Lignano (esercizi Mec-Cappella con esposizione del Santissimo)
"E' al riflesso della Sua Luce che si può guardare ogni cosa, allora tutto si illumina ed è così bello vivere" 
S.Elisabetta della Trinità
"Guardando Gesù noi riusciamo a capire noi stessi"
Giovanni Paolo II
"Stare attaccati alla Sacratissima Umanità di Gesù Cristo" 
S.Teresa d'Avila
"Anche quando Gesù non parla,il Vangelo non sta tacendo (nel silenzio Dio si riserva il diritto dell'ineffabile)" Mario Luzi


Durante la Quaresima leggiamo ogni giorno una pagina del Vangelo...

sabato 25 febbraio 2012

Claudio Chieffo canta Liberazione n.2 .....Tu solo puoi aprire il nostro cuore....farci sentire come nati ieri....

                 
  Come La Samaritana e L'adultera del Vangelo possiamo essere incontrati e liberati............


..

Fiorella Mannoia - Se solo mi guardassi -Quaresima 2012....Lo sguardo di Gesù , lo sguardo degli "Altri"

      
   In questa Quaresima aiutiamo 
chi ci ricorda il volto di Gesù e
 le sue Parole : "HO SETE !"
attraverso
 www.puntomissioneonlus.org/

DON PRIMO MAZZOLARI- CRISTO CI PARLA E HA BUONE NOTIZIE PER NOI...

BELLISSIMA PAGINA DI DON MAZZOLARI.....

Non voglio obbligarvi a quest'incontro se non ne sentite la voglia: né pregiudicarlo col dirvi Chi Egli sia per me.
Siete liberi di andargli incontro o di voltargli le spalle e di accostarlo come vi piace e se vi piace.
Egli non se n'offende, se dopo essere stati da Lui, credete di non poterlo seguire.

Una sola cosa vi chiedo: lasciatelo parlare. Dopo, farete come vorrete.
Lo sappiamo cosa ci può dire: le solite cose.
Ecco, potrebbero anche non essere le solite cose, perché il Vangelo non è mai la solita cosa quando uno lo legge sul serio e nel cuore ha quel che ci avete voi, adesso.
D'altronde, rivedere ancora una volta prima di buttarla via una cosa anche di poco valore, quando a portata di mano non abbiamo più niente, non è poi da insensati.

Che abbiamo di nostro? Chi è dalla nostra parte?
Facciamo un bilancio di ciò che ci è rimasto: delle certezze sopravvissute alla catastrofe, dei sentimenti e degli affetti ancora vivi, delle luci sulla nostra strada... e ditemi se non ci convenga interrogare ancora una volta Cristo, stargli vicino un attimo. Vicino a un povero, a un reietto, a un condannato, a un crocifisso... non vi potete trovare a disagio. Cristo è dei vostri, non v'è ragione che vi mostriate diffidenti.
E s'Egli è venuto, è venuto soprattutto per voi: se ha parlato, è soprattutto per voi se ha parlato. Ed è morto perché voi non foste soli quando incomincia l'agonia.
Può darsi, se l'accostate cosi, che le impalcature di ogni genere che gli avete visto d'intorno, non le vediate più; che parecchie cose che continuano a circolare sotto il suo nome, non siano sue: che lo vediate finalmente, com'è e come vuole essere visto: fratello, guida, salvatore... in un momento in cui non abbiamo né fratelli, né guide, né salvatori.
Permettete che vi stia da presso mentre leggete il Vangelo? che vi segni, col dito, la pagina, la parola?
Non ce ne sarebbe bisogno se non aveste l'occhio sospettoso e la mente ingombra di pregiudizi.

Il titolo non cercatelo in un sapere che non ho, ma nel comune soffrire, che spianandomi il cuore mi mostra ciò che voi cercate e chiedete.
Sono sicuro, dopo averLo ascoltato insieme, di poter dire col vostro interiore consenso: - Ecco, Egli è con noi, «la pietra d'angolo» della novità che vogliamo.
Ma se non è neanche esistito? Lo dicono un fantasma, un mito...

....Incomincio a capire che vi possa essere gente cui torni piacevole che Gesù sia un fantasma. È l'unico personaggio della storia che si vorrebbe non fosse esistito. E non per gusto di sapere esatto o di documentata certezza, ma per un segreto inconfessato desiderio di non ritrovarselo vicino, neanche sulla strada del passato.

Gli altri uomini, grandi o infami, sono memoria e polvere: Cristo, no, è presenza.
Comincia a diventare interessante uno che gli uomini non vorrebbero che fosse! Non può essere uno qualunque se. Lui o qualcosa di Lui è così1 vivo e inquietante da desiderare che non fosse.
Voi lo conoscete poco, siete indisposti verso di Lui: eppure come vi dissi che vi avrei parlato di Lui, vi siete fatti attenti. I fantasmi e i morti - son venti secoli che Cristo fu Crocifisso - non afferrano così.
Prima ancora di sapere bene chi Egli sia - uomo o Dio fatto uomo - ci sentiamo legati a Lui, e lo dichiariamo in tanti modi, anche bestemmiandolo. Mi si stringe il cuore quando vi sento bestemmiare; ma non mi fate paura. Anche questa è una testimonianza, e una maniera di dire che Egli è.

dove sta di casa?

Vi aspettate la solita risposta: in Chiesa. Sì, anche in Chiesa e in un modo particolare. Ma se vi rispondessi così, tirereste diritto.
- Non ci interessa quel Cristo, non si può discorrere con quello. Lo fan parlare in un certo modo che quando siamo in Chiesa, non lo sentiamo più. Sarà quel che volete, ma non è nostro. È borghese, uomo d'ordine: buono, sì, tanto buono e misericordioso tanto: ma non è così che noi lo vogliamo misericordioso e buono.
Perché vi so indisposti verso quella casa del Signore (una di quelle tante case del Signore, non l'unica) non vi conduco là, tra povere donnette, qualche bambino e qualche vecchio, quasi fosse un ricovero la casa del Signore. Egli sta dovunque: non lo sapete? E potete trovarlo dovunque e ascoltarlo parlare dovunque.

Faccio la parte di Giovanni Battista: lo vedo passare e vi dico: - Eccolo -.
Seguitelo per la strada. Gesù voltandosi vi domanda: - Chi cercate? - Voi gli dite: - Maestro, dove stai?
Ed Egli vi risponde: - Venite e vedrete.
Per andare a Lui non occorre che vi vestiate a festa, né che facciate il segno di croce, se non ne avete voglia, quantunque un povero corpo come il vostro, elle, da quando è nato non fa che portar croci, non ci perde se si indica con una croce.
Egli viene dove volete, dove vi piace, avendo preso dimora con voi: in casa vostra, nella fabbrica, all'osteria, in piazza. Ovunque andiate, Egli vi segue: vi ha anzi preceduto. Egli occupa ogni cosa nostra, e ogni nostra abitazione da quando si è fatto uomo per stare con noi.
Né occorre v'inginocchiate. Continuate pure a lavorare: finite in pace il vostro bicchier di vino. Non vi guarda male perché bevete un bicchiere. Era amico anche di quei che bevevano: e i morigerati, coloro che non si ubriacano perché bevono quanto vogliono tutti i giorni, dicevano, intendendo togliergli il credito, che Gesù era amico degli ubriaconi e della gente di malaffare.
Se siete seduti, vi siede accanto: se camminate, è pellegrino: se lavorate, operaio: se piangete, lo vedete piangere. «Son beati gli occhi che piangono»

e che faccia ha?

di un galantuomo.
Questo lo sapete anche voi. E la faccia di un galantuomo, che è poi la vostra di faccia, se ne incontrate una, non vi farà, credo, dispiacere.
Non sono incontri frequenti, in nessuna stagione.

e come è vestito?

Come voi, da povero. E ce l'ha il vestito fin che glielo lasciano: perché viene un giorno che glielo strappano e lo tirano a sorte, e Lui è lasciato nudo, per poterlo meglio stendere sulla croce e più agevolmente inchiodare. Come voi in guerra, che certi giorni on avevate neanche più il pastrano, neanche più la giubba, neanche più i calzoni...
Ve li mangiava la sabbia, la roccia, il fango, l'acqua. Ve li mangiavano gli uomini delle retrovie, gli stessi che vi dovevano vestire.

e che cosa fa?

Quel che fate voi. Egli è malato, pellegrino, senza casa, senz'acqua, senza lavoro, senza pane, senza patria, come voi. È un vostro compagno, un camerata.
Non un crumiro, non uno che taglia la corda quando la si fa brutta...
Tira fino all'ultimo, è fedele fino all'ultimo, Non diserta, non scappa...
Se anche gli altri scappano, Egli non abbandona il suo posto, si lascia prendere, condannare, e porta fin sul Calvario la sua croce: la sua e la nostra. Anche se non Gli andiamo dietro.


- Se è così ditegli pure che ci parli.

Sapevo che Gli avreste concessa la parola. Fa piacere sentir discorrere un galantuomo, uno che ha tribolato, che è stato anche dentro, e che ha pagato in tal modo.

la parola a Cristo.

Non ne è lusingato: è però contento che lo lasciate parlare.
Cristo non si alza come uno che deve fare un discorso. Chi vuol bene veramente e ha cose importanti da dirci,. non fa discorsi; parla a tu per tu.
Ma prima di parlarci nell'intimo, cerca se qualcuno è disposto a leggere per lui le parole che un giorno ha rivolto a tutti e che sono raccolte in un libro che si chiama il Vangelo, cioè il libro delle buone notizie di Gesù agli uomini.
Non posso dirgli di no; non voglio dirgli di no. Non è un mestiere facile leggere per lui, ripetere le sue parole. Ho paura di tradirle.
Ci vorrebbero ben altre labbra e ben altro cuore!
Ma so che, dopo, Lui vi parlerà e ciò che io non ho saputo dirvi, Egli ve lo dirà in maniera sicura, autorevole e dolcissima. Ciò che importa adesso è che vi prepariate ad ascoltare Lui, quando nel segreto della vostra coscienza, Egli stesso, prenderà la parola....      DON PRIMO MAZZOLARI

FRANCOIS MAURIAC - LA SAMARITANA

La sesta ora. Fa caldo. La donna si sente chiamare. Quel giudeo le rivolge la parola? Ma sì! "Dammi da bere" ha detto. Immediatamente, civettuola e beffarda, risponde a quello sconosciuto in sudore.
«Come? Domandi da bere a me che sono samaritana?»
« Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è colui che ti dice: dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli t'avrebbe dato dell'acqua viva.»
Guercino-Cristo e la samaritana

Il Cristo brucia le tappe; questa parola è incomprensibile per la samaritana; ma egli è già penetrato come un ladro in quell'anima buia. Ciò che ella doveva provare era d'essere investita da ogni parte, e che lo sconosciuto di cui vedeva il viso molle di sudore e i cui piedi erano grigi di polvere, la occupava nell'intimo, la invadeva: e che quell'onda vivente era irresistibile. Interdetta, cessava di beffeggiare, e come tutte le donne si abbandonava subito a delle domande infantili .
« Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo. Onde adunque avresti quest'acqua viva? Sei forse maggiore del nostro padre Giacobbe che ci diede questo pozzo, e ne bevve egli stesso, e i suoi figliuoli e il suo bestiame? »
Gesù non ha tempo da perdere: con un impaziente spintone la immerge in piena verità. Dice:
«Chiunque beve di codest'acqua avrà ancora sete. Ma chi berrà dell'acqua ch'io gli darò non avrà giammai sete in eterno. E l'acqua ch'io gli darò diverrà in lui una fonte d'acqua zampillante in vita eterna. »
Ogni parola del Signore dev'essere presa alla lettera... Gli è che molti hanno creduto essersi inebbriati di quell'acqua, e si sono ingannati, e non era quella di cui parla Gesù; poi che, avendo bevuto, hanno ancora sete. Nondimeno la donna rispose:
«Signore, dammi di codest'acqua acciocché io non abbia più sete e non venga più lì ad attingere. »
« Va', chiama tuo marito, e vieni qua. »
Sempre lo stesso sistema per convincere i semplici: quello di cui s'è servito con Natanaele, quando gli aveva detto: "Ti ho visto sotto il fico". Rivelava loro d'un tratto la conoscenza ch'egli aveva della loro vita, o meglio il suo potere d'insediarsi in loro, di stabilirsi nel cuore dell'essere; ed è perciò che, quando la samaritana gli ebbe risposto: "Io non ho marito", egli replicò:
«Bene tu hai detto: non ho marito. Perché tu hai avuto cinque mariti, e quello che ora hai non è tuo marito: questo hai detto con verità ».
La donna non apparteneva alla stirpe regale di Natanaele e di Simone, di quelli che subito cadono in ginocchio picchiandosi il petto. Non è anzitutto che una colpevole presa in flagrante delitto e che, per istornare l'attenzione di questo Rabbi troppo chiaroveggente, porta il dibattito sul piano teologico. Dopo aver balbettato: "Signore, io vedo che tu sei un profeta..." aggiunge precipitosamente:
«I nostri padri hanno adorato su questo monte, e tu, tu dici che è a Gerusalemme che conviene adorare...»
Gesù non si lascia trascinare: rimuove l'obiezione con qualche parola... Ma il tempo stringe: laggiù, ormai vicini, i discepoli stanno venendo con le provvigioni. Egli li sente parlare e ridere fra loro. Conviene tuttavia che il tutto si adempia al di fuori della loro presenza. La verità sarà dunque aperta in un tratto rapidissimo a quella poveraccia.

«L'ora viene, e già è venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità. Sono questi gli adora tori che il Padre richiede. Iddio è spirito, e coloro che l'adorano conviene che l'adorino in ispirito e verità. »
E la samaritana:
« Io so che il Messia ha, da venire e ch'egli annunzierà ogni cosa. »
I passi dei discepoli risonano già sul sentiero: ormai non c'è più tempo. Per rivelare il grandissimo segreto che ancora non ha confidato a nessuno, Gesù sceglie quella donna che ha avuto cinque mariti e oggi ha un amante:
«Io lo sono, io che ti parlo. »


E in pari tempo, una grazia di luce è data a quella miserabile, così potente che nessun dubbio potrebbe intaccarla: si, questo povero ebreo stanco che aveva camminato al sole e nella polvere, e che moriva di sete al punto di mendicare un po' d'acqua a una samaritana, era il Messia, il Salvatore del mondo.
Ella rimase impietrita finché non ebbe inteso avvicinarsi coloro ch'erano con quest'uomo. Allora lasciata la secchia si gittò a correre come chi gli ha preso fuoco il vestito, entrò in Sichar, radunò la gente a gran grida: « Venite a vedere un uomo che m'ha detto tutto ciò che io ho fatto!»

Due giorni si trattenne fra i samaritani reietti, dando così ai suoi un esempio che invano sarà trasmesso al rimanente mondo. Perché se v'è una parte del messaggio cristiano che gli uomini abbiano rifiutata e respinta con invincibile ostinazione, è la fede nell'ugual valore di tutte l'anime, di tutte le razze, dinanzi al Padre che è nei cieli.

venerdì 24 febbraio 2012

I silenzi di Gesù di Mario Luzi -testo letto nella nostra Scuola di Cristianesimo

leggere il vangelo vuol dire tener conto anche di ciò che ci dice il poeta Luzi ..

I silenzi di Gesù

di Mario Luzi

Prolusione per l’inaugurazione dell'Anno Accademico dell’Istituto di Scienze Religiose ‘Italo Mancini’ dell’Univiersità di Urbino. 11 marzo 1995



Il Vangelo è un libro della parola di Gesù, ma se il Vangelo è il libro della Parola di Gesù, quale è il linguaggio di Gesù?
Diciamo subito: il linguaggio del Vangelo non è solo verbale, paradossalmente a me sembra che il Verbo si esprima di preferenza con altri modi, che il suo uso di parole sia molto parsimonioso. Non è, naturalmente, che quando la parola non parla, il Vangelo taccia. Il Vangelo opera sempre la comunicazione del verbo, è attivo sempre, l’azione del Vangelo è continua e con questo abbiamo già detto qualcosa forse di particolare, di essenziale nello stesso tempo, e cioè che questa azione - e credo il vocabolo sia stato usato appropriatamente (la Parola e tutto il linguaggio del Vangelo è azione, cioè è destinato a muovere, a determinare, a incidere sulla sostanza del vivente e sul corso della vita interiore, sulla storia dell’uomo) è sempre in corso. Se appunto non sempre è la parola in primo piano, il Vangelo parla lo stesso, il Vangelo ha il suo linguaggio, è attivo.

Ci sono le opere, ci sono i miracoli, ci sono le lunghe marce che noi possiamo intravedere attraverso i territori, ci sono le solitudini, c'è la ressa delle turbe fuori e dentro gli abitati, tutto questo fa parte del linguaggio e c’è allo stesso titolo delle parabole, c’è al pari degli ammaestramenti. La Parola quando interviene è per dire (sottolinerei questa parola), dire nel senso di enunciare, di pronunziare definitivamente. E a me pare anche questo di avere potuto registrare.
Io vi confesso che quando parlo dei Vangeli in genere sono portato a riferirmi a Luca non perché Luca sia lo scrittore, quindi goda le simpatie di un letterato; no, ma perché c'è una ragione molto semplice, che quando si preparava l’edizione biblica della Cei fummo invitati alcuni, come il professor Devoto, a rivedere il testo, quindi a riviverlo proprio parola per parola, a rifarlo nostro interiormente e anche intellettivamente con una puntualità massima, la massima che potevamo perseguire. E questo naturalmente mi ha come spostato con la mia abitudine mentale verso Luca.
Luca ha d'altra parte quel ritmo incalzante, quella calibratura del tempo interno della narrazione che certamente ha il suo effetto e può suggerire delle interpretazioni del comportamento del Messia, nel suo predicare, nel suo stare tra gli altri. E’ una lettura che non è solo una registrazione, una lettura che effettivamente interpreta e crea. Detto questo devo aggiungere: La Parola che interviene, quando interviene? Egli interviene sempre in un senso perentorio e in un senso definitivo; mi pare si presenti come una riconquista. La riconquista di che cosa? Come La riappropriazione di una virtù possibile dopo un gorgo, dopo un accumulo, dopo un'eccedenza del non detto, di quello che non è stato detto oppure è stato detto erroneamente. Allora questa parola interviene per affermare, per asseverare o anche per intimare un divieto, ma come si fa quando si è consumato qualcosa di molto improprio, sia perché si è taciuto su ciò che bisognava dire oppure si è detto qualcosa, ma si è detto erroneamente. Quindi il suo stile subito prende quel vigore, quella autorità che non è solo di correzione, ma è anche quella di affermazione.
CONCRETEZZA DELLA PAROLA. La prima osservazione che viene fatto di registrare nel nostro intimo e poi anche criticamente, magari, nella nostra facoltà di osservazione è l'estrema concretezza della Parola. Gesù non può parlare in astratto, infatti non parla in astratto. Deve parlare in prima persona, deve
proporre se stesso come unico e supremo argomento. Infatti non è uno degli interlocutori, non è uno che partecipa a un distacco a cui altri possono partecipare allo stesso titolo, non è uno che disputi su qualcosa, su un tema, su un argomento, su un principio o delucidi una verità, ma è egli stesso la Verità. La sua opera di convinzione è perentoria e rapida. Basterebbe vedere come arruola i suoi fedeli, i suoi discepoli: sono due, tre parole e basta. La sua vittoria è immediata e qualche volta assomiglia ad una rapina, perché effettivamente porta via le persone, porta via dietro di sé i titubanti, oppure gli incerti senza dare respiro. Quindi l'estrema concretezza di questo dire che ha un'origine e un riferimento preciso. E’ irrevocabile. Concreto questo linguaggio, concreta anche questa parola, nel senso che gli oggetti e anche i riferimenti a cui ricorre il suo magistero sono altrettanto concreti. Questo è stato osservato ad abundantiam, sempre lo si evoca come prova di concretezza. Sono argomenti e oggetti presi dal paesaggio naturale e umano della regione in cui si svolge l’azione, dalla quotidianità, e anche dalla proverbialità perché qualche volta ci si riferisce evidentemente a degli esempi e storie che erano nella cultura popolare del tempo, del paese e della contrada. Detto questo, dalla concretezza passerei a osservare invece quello che forse è ancora più importante ed è l’assolutezza. 

ASSOLUTEZZA della PAROLA. Nei Vangeli non c’è posto per il conversare interlocutorio. Non che non possiamo supporre, non possiamo immaginare che un parlottare ci sia intorno a Gesù, ma solo in disparte, solo discosti da lui i discepoli sembra che si confidino le loro cose, si intrattengano sulle loro preoccupazioni familiari, domestiche. Tutto questo si può percepire forse dai testi della Vulgata, ma i casi e i particolari non figurano, non sono scritti. Il discorso di Gesù cala a picco sui discepoli dal suo silenzio, ed è un discorso essenziale, mirato, abitato dalla profezia. La Parola è richiamata al suo compito primario, che è quello di dire, di proferire non di divagare o di intrattenere. Ha questa energia e questa verità. Il linguaggio di Gesù è assoluto come quello che contiene la verità e non deve cercarla. La disputa che allunga il discorso e lo rende interminabile tra gli uomini di qualunque levatura sino al supremo filosofo è soppressa. Qui non c'è, perché? Gesù è la verità, la sua parola contiene la verità e non deve cercarla, deve asseverarla e comunicarla; per questo qualche volta appare coperto e un po' sibillino a coloro che lo ascoltano e sono ancora troppo distanti dalla verità o non si sono ancora inseriti nel suo modo di comunicare.
Tra coloro che l’ascoltano e se stesso e anche tra i discepoli e se stesso, non solo quindi tra le turbe, le moltitudini, ma anche tra i discepoli e se stesso, Gesù mette spesso il silenzio. Questo silenzio è come una sintassi che lega nel racconto i tempi della cronaca e lega nel linguaggio le varie parti, le varie componenti. Anche il silenzio richiama la parola alla sua fonte, alla sua scaturigine perché la parola viene dal silenzio e torna al silenzio, dopo avere però espresso, detto, detto veramente, il suo messaggio. E questo silenzio si sente. Anche questo non è molto detto, ma si sente; e anche per questo io prediligo il testo di Luca che fa sentire questi silenzi, li scolpisce direi. Il silenzio esalta la parola; infatti quello che oggi mortifica la parola è la mancanza di silenzio. La parola viene da altre parole. La parola è moltiplicata, è usata in eccesso più per non dire che per dire, più per dissimulare un pensiero oppure per simulare un pensiero inesistente. Noi sappiamo che questa è  la malattia del nostro tempo: tutti gli strumenti che noi stessi ci siamo creati ci invitanio a rifiutare la dimensione così profonda del silenzio, che è il rapporto essenziale con la parola, come il deserto è un termine di rapporto essenziale con la società, la sociabilità; per cui abbiamo il ritiro nel deserto, l'esperienza del deserto, il raccoglimento nel silenzio: sono parti essenziali dell'esperienza religiosa, delle origini e del periodo del primo cristianesimo, del grande cristianesimo iniziale oltre che esempio tratto dalla vita di Cristo e da Cristo stesso.
Ci manca questo silenzio e allora noi possiamo anche percepire con una certa vertigine la presenza del silenzio tra le parole che Cristo dice, tra i momenti in cui è disposto a ricevere e a dare e i momenti in cui si concentra sul suo destino, sulla sua natura, sul suo compito. Questo silenzio è anche, secondo me, un'affermazione imponente. Ci dice che va preservato il diritto divino dell'ineffabile; c'è qualcosa che non si può dire, che non si può dire con parole e che però fa parte ancora di quel linguaggio più vasto di cui vi dicevo all'inizio perché il Vangelo appunto non è solo verbale. Questo è splendido, questa potenza del silenzio che vuole quasi garantirci che c'è un ineffabile, qualcosa che non può essere pattuito con l'economia delle parole umane, ma che ha il suo eloquio ugualmente come scansione, come tempo interno delle parole che invece si possono dire. Questo silenzio che a volte si alza tra Gesù e i suoi, siano essi i discepoli, siano essi gli ascoltatori, e che si alza qualche volta anche tra l'uno e l'altro dei discepoli. C'è qualche passo in cui certe cose rimangono non dette, isolate.

Il silenzio interminabile è il continuo della predicazione, del magistero; è educativo al massimo perché accumula profondità; è come la differenza che distingue Gesù dagli uomini.
Gesù si è fatto uomo, ma a un certo punto è più forte in lui la correlazione con ciò che è al di sopra; con il suo superiore universo. Non è una distanza che egli vuole riconquistare, ma una necessità interiore di far sentire la differenza. Anche con questo comunica il mistero. C'è qualcosa che non è alla portata della parola degli uomini, non riducibile alla loro parola. Questo equivale a dire che c'è un mistero; ed è un mistero che non nasconde, ma anzi si illumina come tale, si comunica come tale. Cosa secondo me
molto bella e grande (ma meriterebbe naturalmente tutta un'altra trattazione). Il mistero è un vocabolo che noi usiamo e di cui abusiamo e abbiamo troppo abusato; ­perché in fondo è anche comodo; quello che non è intelligibile lo chiamo mistero: per cui hanno avuto buon gioco i filosofi dell'ottimismo positivista o gli scienziati euforici del positivismo quando nel mistero vedevano l'ignoranza. Vedevano la prova della superstizione, la prova di tutto ciò che essi imputavano alla religione o alla metafisica, come negativo. Ma mistero è una forma, invece, di conoscenza. C'è una conoscenza per mistero, come c'è una conoscenza per idee e anche per formule, se volete.
Nei Vangeli, mi sembra, la presenza del mistero non solo aleggia, ma è proprio palpabile, sensibile, e nel linguaggio del Vangelo è inclusa anche la presenza del mistero come nozione non negativa. Non come un divieto a conoscere, ma anzi come un'offerta di conoscenza. La parola che emerge dunque dal silenzio, da quel silenzio, ha una forza straordinaria di intimazione. Come tale si presenta più volte e allora, quando si presenta come intimazione (ed è molto frequente) porta uno sconvolgimento nella logica abituale. La logica ordinaria, che si era per abitudine e per educazione incrostata nella mente degli ascoltatori, deve far posto invece a qualcosa che era imprevedibile: la forza di rottura che ha questa parola, la Parola, che viene a fare giustizia di luoghi comuni, di credenze convenzionali che erano più lettera morta che spirito. Gesù parla sempre senza un'intesa preventiva, non ha quel tipo di complicità che hanno spesso gli oratori i quali sanno di avere già fatto breccia oppure sanno di avere già nella cultura degli ascoltatori un assenso o un consenso. Parla solo; sa di essere solo, sa di essere nuovo, sa di essere uno. Cosi parla Gesù e gli altri sono tutti sullo stesso piano di ignoranza, se vogliamo. Non che ci sia disprezzo, ma c'è la consapevolezza che gli altri non sanno perché non hanno ancora avuto la vera rivelazione. Ignoranza di non sapere, tutti, inclusi i dotti e gli scribi come voi sapete.

ECONOMIA DELLA PAROLA. La parola e le parole. Gesù divide il pane con i discepoli, si disseta con loro alle rare fontane, si ferma con loro nelle stesse mense ospitali, cammina con loro nel polverone sollevato dalle turbe che lo accompagnano per le strade di Galilea; ma quando parla, parla dalla sua solitudine e dalla sua necessità. La parola risulta cosi posta in alto, su tutto. Chiaro l'avvertimento: che non abbiamo cioè il diritto di dire parole inutili, di avvilire questo dono: «Vi dico invero che di ogni parola oziosa gli uomini avranno detto renderanno conto nel giorno del giudizio. Infatti sarai assolto secondo le tue parole e secondo le tue parole sarai condannato». Qualora avessimo dubbi sulla priorità della parola nel complesso dell'umano, ecco, siamo serviti.
La parola che nasconde e non apre il pensiero o lo dissimula, quella degli scribi, dei farisei, dei maliziosi, degli infidi, Gesù non si cura neppure di correggerla. Li mette alle strette, li sbaraglia, disdegna di persuaderti. Del resto non è un dottore ma un Maestro. Tutti i mezzi e i modi sono buoni per insegnare davvero: il grande discorso della Montagna, le parabole, i detti concisi; i bruschi richiami, talora impietosi verso inveterate superstizioni, le care abitudini, i formalismi, gli ossequi vuoti e anche verso gli affetti gelosi della famiglia.

Giovanni Paolo II -frase citata nella Scuola di Cristianesimo

Nella mia prima enciclica «Redemptor Hominis» ho scritto: «L'uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo, - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo» («Redemptor Hominis, 10). 
Cristo è la parola di verità, pronunciata da Dio stesso, come risposta a tutti gli interrogativi del cuore umano. E' colui che ci svela pienamente il mistero dell'uomo e del mondo.

giovedì 23 febbraio 2012

Don Giussani-Qualcosa di eccezionale-Aperta la causa di Beatificazione del Fondatore del Movimento di Comunione e Liberazione

   
Tanti di noi sono riconoscenti a questo sacerdote perchè ha destato,nella dimenticanza di Cristo che c'era in loro ,nel  mondo e negli ambienti di vita,
 la novità e l'eccezionalità di una proposta 
unica d'amicizia con Dio e tra di essi..
..Per la nostra Scuola di Cristianesimo, 
proponiamo questo video..

mercoledì 22 febbraio 2012

Senza Cristo tutti i nostri amori resterebbero incompiuti.

.Questo scritto di Padre Antonio viene inserito all'inizio della nostra Quaresima perchè in questi 40 giorni di preparazione alla Pasqua dobbiamo curare di più i nostri rapporti d'amore in famiglia..cercando di vivere bene il punto che P.Antonio ci ricordava sul perdono ..

"..Qualunque sia la nostra posizione umana o il nostro ruolo storico, l’amore possiamo esperimentarlo alla radice del nostro essere sempre e soltanto come figli: tutti familiarmente schierati, con Cristo, davanti al Padre celeste; tutti protesi a imparare e gustare la Sua Paternità.
Due sposi hanno amore di sposi, se l’uno ama la filialità dell’altro e la protegge. Perfino il fatto che il matrimonio sia un sacramento, significa che i due sposi hanno la vocazione e la missione di condursi reciprocamente al Padre e di aiutarsi nel cammino verso di Lui. Se un matrimonio fallisce, l’origine del fallimento non è nella relazione di coppia (come siamo subito inclinati a pensare), ma nell’irrispettosa e lunga dimenticanza (e mancata custodia) della reciproca filialità. Se un matrimonio può essere ricostruito, ciò non accadrà soltanto ripulendo le incrostazioni del rapporto o perdonandosi le reciproche offese, ma riscoprendo quella purezza che ai figli è sempre possibile (perché ad ambedue appartiene l’eredità lasciata dalla parabola del “figlio prodigo”).
Il giorno in cui un coniuge vede morire l’altro coniuge non è il giorno in cui si spezza il vincolo sponsale, ma il giorno in cui esso è perfettamente adempiuto, se l’uno ha aiutato l’altro a gettarsi nelle braccia del Padre celeste.
Due genitori hanno vero amore di genitori se educano amando, nella filialità della prole, la propria stessa filialità. I fratelli non riescono ad amarsi davvero come membri di una stessa famiglia, se prima non si sentono figli dell’unica famiglia di Dio.
Un figlio non può amare con tenerezza e rispetto il genitore malato e invecchiato (soprattutto quando costui regredisce dolorosamente verso l’infanzia) se non lo vede come “il bambino del buon Dio” (come Teresa di Lisieux definiva il proprio papà malato di Alzheimer). E gli altri non potranno essere accolti come prossimo da amare se non li si contempla nella prossimità filiale che ciascuno di essi ha col Padre celeste.

Senza Cristo - l’amore del Figlio di Dio fatto carne - tutti i nostri amori avrebbero, via via, nomi diversi e diversa qualità, ma resterebbero tutti incompiuti. Con Cristo ogni amore suppone un’originaria relazione filiale e un filiale compimento: in chi ama e in chi è amato. In chi deve amare e in chi deve essere amato....
 (Padre Antonio Sicari )

da "Passion" - Gesù e l'adultera.......Sguardi di vita nuova...grazie al perdono...

                                            
Gesù non si scompone dinanzi all'adultera. 
Invece si mostra duro verso quelli che erano scandalizzati a causa del suo perdono.
 In questi due atteggiamenti è il cuore del Vangelo 
 Due cose mostra Gesù: il perdono e il cambiamento di vita, chiesti a tutti, ma soprattutto a quelli che si ritengono giusti e migliori degli altri, i più difficili a convincersi di essere in errore. Verso la donna portata in piazza come spettacolo (ma dove sono gli uomini che erano con lei?) 
Gesù ha un supplemento di amicizia e di misericordia. 
La invita a non volgersi al passato per rinnegarlo e maledirlo, ma di aprirsi al futuro e di guardare avanti per una nuova possibilità di vita.
 Siamo nel mezzo della lotta tra la luce e le tenebre del male.  La luce è portata da Gesù, l'accecamento invece è frutto del male dell'uomo ed è paragonato al buio della notte. La luce smaschera l'ipocrisia e rivela il volto del Padre ricco di compassione e grazia di perdono. Il tutto in due frasi potenti e fulminanti: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei" e "Va', e d'ora in poi non peccare più".
Gesù non condanna, ma fa cominciare una vita nuova. 
Alla fine ciò che conta davvero è il futuro.
Non ci è dato sapere cosa Gesù  scrive per terra. Conta il suo silenzio davanti alla requisitoria di scribi e farisei e, più ancora, le sue parole. Eppure ci piace pensare che, a somiglianza di quello di Dio dinanzi a Mosè sul Sinai, il dito di Gesù incideva le tavole della nuova legge nel cuore dell'uomo.
Gesù sta per riconciliare l'umanità con Dio.
 

Adriano Celentano - Il Forestiero (canzone cantata alla Scuola di Cristianesimo di Lunedì 20 Febbraio a Brescia)

   
Questo è il Celentano che ci piace...il valore di quello che dice con questa canzone supera ogni telepredicazione...e noi vorremmo rivalutare questo....perchè sono le Sue parole a dissetarci...


martedì 21 febbraio 2012

DACCI SIGNORE DELL'ACQUA VIVA ! (Canto e riflessione)

                                          
Racconta l'evangelista Giovanni. Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicino al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù, stanco del viaggio sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria per attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere". (Gesù era rimasto solo) perché i suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. La Samaritana rifiuta di offrire l'acqua a Gesù, "perché i Giudei non mantenevano buone relazioni con i Samaritani".   Gesù non si scompone, ma rilancia una incredibile offerta: "Se tu conoscessi il dono di Dio e colui che ti dice: "Dammi da bere!" Tu stessa gliene avresti chiesta ed egli ti avrebbe dato acqua viva". E la donna, ancora rinchiusa nella sua mentalità tutta terra-terra, osserva, non si sa se con un velo di curiosità: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo: da dove dunque hai quest'acqua viva?...Gesù rispose: "Chiunque beve di questa acqua del pozzo avrà ancora sete, ma chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà più sete; anzi l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". E la risposta generosa della donna è :"Signore, dammi di quest'acqua perché non abbia più sete, e non continui a venire ad attingere di quest'acqua" (Gv. 4,5-42).
 E' giusto sottolineare alcuni aspetti che colpiscono ed aprano veramente occhi e cuore sul modo con cui Dio si avvicina all'uomo: ossia a ciascuno di noi. Anzitutto l'incontro. Pare quasi casuale, normale, che Gesù si faccia trovare a mezzogiorno presso un pozzo, che può offrire solo acqua ed a cui tutti vanno per spegnere la sete. Acqua da pozzo. Ha tutta l'aria della normalità che quella donna vada a mezzogiorno ad attingere acqua allo stesso pozzo. E così Gesù, il Cristo, Colui che davvero poteva guardare nel fondo degli occhi il vuoto dell'anima di chiunque e riempirlo di amore, si trova di fronte ad una donna diremmo noi, casualmente. Il discorso va subito alla sostanza, ossia al perché del trovarsi lì: bisogno di acqua. La donna può offrire l'acqua del pozzo, quella che toglie la sete. E Dio solo sa come sia necessaria l'acqua all'uomo. Facile morire assetati: avviene ancora oggi in tante parti del mondo ed è un pericolo che incombe su tanta parte della umanità. Davanti al rifiuto, Gesù scopre le sue carte e subito fa generosa offerta, inaspettata offerta dell'acqua di Dio: quell'acqua per la vita del cuore che solo Dio sa dare in maniera traboccante, fino a divenire sorgente per chi ne fosse privo. La donna neppure interroga Gesù di che natura è quest'acqua, che Gesù offre. Chiede che le sia data subito. E inizia così il discorso di una conversione di vita: ossia del passare dal saziarsi di acqua di pozzo, al vivere di sorgente di vita. E la donna alla fine si fa conquistare fino a comunicare alla città della sua scoperta. 

Riflettiamo bene su questo evento. Noi uomini quasi ci distinguiamo per la grande sete che abbiamo: ma il più delle volte è sete che non fa bene: sete di ricchezza, sete di piaceri, sete di tante cose che sono acqua da cisterne avvelenate. E' sete che ci fa morire. Poche volte sulle nostre labbra o dal nostro cuore esce la preghiera del salmista: "L'anima mia ha sete di te, mio Dio!" E si ha come l'impressione che non ci sia tra noi chi sappia davvero darci quell'acqua viva, quella di cui parla Gesù alla donna. Un'acqua che gli uomini di fede sanno attingere dalla Parola di Dio, dalla preghiera, da una vita vissuta sulla misura della ricerca della santità. Abbiamo bisogno anche noi di trovare sul nostro cammino Gesù, che si fa incontro nei modi più impensati, sempre nella apparente normalità della vita per "dissetarci". E Lui, quando meno lo pensiamo, si fa incontrare. Sono tante le occasioni, credetemi, in cui anche per noi c'è "un pozzo" presso cui è fermo Dio ad attenderci. Perché ci vuole bene e vuole che abbandoniamo i pozzi avvelenati ed accettiamo il suo amore. Sarebbe finalmente l'evento, l'incontro, che ci fa uscire dal nostro camminare a vuoto, come spenti alla vita che invece è davvero una sorgente che zampilla speranza, gioia. 
Come lo è per tantissimi ancora oggi. (Mons. Antonio Riboldi)

venerdì 17 febbraio 2012

Preghiera di Santa Suor Faustina Kowalska.....Gesù , momento presente....


«Se guardo il futuro, m'investe la paura,
Ma perché inoltrarsi nel futuro? 
Mi è cara soltanto l'ora presente,
perché il futuro forse non albergherà nella mia anima.
Il tempo passato non è in mio potere
Per cambiare, correggere o aggiungere qualche cosa.
Né i sapienti, né i profeti han potuto far questo. 
Affidiamo pertanto a Dio ciò che appartiene al passato.
O momento presente, tu mi appartieni com­pletamente,
Desidero utilizzarti per quanto è in mio potere (...)
Perciò, confidando nella Tua Misericordia, 
   Avanzo nella vita come un bambino, 
E ogni giorno Ti offro il mio cuore Infiammato d'amore
  per la Tua maggior glo­ria» 

Questa preghiera mi ricorda che Gesù mi sta accanto..
 nonostante il mio presente sia pieno di distrazione..
.Lui non distoglie mai il suo sguardo su di me...
come coi suoi Amici che sto imparando a conoscere....Walter

Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? (Gv 21,15). Bellissimo video che parla anche dei rapporti fraterni tra i discepoli

 
 Ho scelto questo video dal film RAI su Pietro perchè viene riassunta la storia della Scelta di Pietro da parte di Gesù,dei suoi sbagli,del perdono invocato e concesso,del Suo Compito 
e dell'amore che regnava tra gli apostoli...
Per un approfondimento della Scuola di Cristianesimo sui primi discepoli..

"OGNUNO CON IL PROPRIO TIMONE,SEGUIRA' LA ROTTA INDICATA DA GESU'... 
MA SARA' SOLO UNA,  LA BARCA!" 
E DENTRO QUESTA BARCA CI SAREMO TUTTI, IN QUALUNQUE MOMENTO E OVUNQUE CI TROVEREMO...E SAREMO SEMPRE UNITI COME FRATELLI....CON LE ACQUE CALME ..MA SOPRATUTTO QUANDO CI TROVEREMO IN MEZZO ALLA TEMPESTA..(S.Pietro)."

giovedì 16 febbraio 2012

Caro Celentano..e i cristiani senza "Avvenire"?

Condivido il giudizio della lettera che segue...In Televisione  si fanno sempre polemiche per aumentare l'audience ed usare la Chiesa come bersaglio ormai è di moda.E mentre gli " intellettuali "discettano sullo schermo o i piazza, tanti cristiani soffrono e muoiono perchè testimoniano Cristo e non si parla abbastanza di loro....( di questo Avvenire scrive ogni giorno...perchè loro sì che amano il  Paradiso..) Walter

 

 Caro Adriano Celentano, che ne diresti di chiedere scusa?

Caro Adriano Celentano, ti scrivo  non per alimentare altre polemiche ma per chiarire ulteriormente il mio pensiero. Quando ti ascolto ho come l’impressione che tu guidi l’automobile guardando sempre lo specchietto retrovisore piuttosto che la strada che hai davanti. Questo sin da quando hai preso la patente, da quando il ragazzo della via Gluck rimpiangeva l’erba e il cantante di Azzurro il “prete per chiacchierar”. A fare così si rischia l’incidente, penso che nella serata di apertura del Festival di Sanremo tu non te ne sia accorto…....Non so cosa appaia nella tua fantasia quando tu parli di “paradiso”, Adriano, ma so di certo che ogni messa è memoriale della passione e risurrezione di Cristo e come tale rimanda già all’altra dimensione che vede Cristo come il primo dei Risorti. Ai cristiani viene promessa la vita piena nel giorno del battesimo. Ogni Eucaristia è già “pegno della gloria futura”, eloquente anche senza l’esplicitazione dell’omelia.
In poche parole vorrei farti capire che tutta la liturgia della messa orienta alla vita dopo la vita senza dimenticare, però l’impegno nel presente che contribuisce già alla costruzione del Regno di Dio.
Di vita dopo la vita se ne parla, Adriano, ma forse non con il linguaggio che vorresti tu. Grazie comunque per aver toccato un tema tanto delicato e tanto centrale della fede cristiana.
Bollare come inutili Avvenire e Famiglia Cristiana e invocarne la chiusura è stato proprio un errore grave, senza giustificazioni. In parallelo al Festival chi svolge all’Ariston ce n’è un altro che scorre nei flussi di Facebook e Twitter. Te lo dico perché è bene che tu ne tenga conto perchè mi sembra un indice ancora più interessante dell’Auditel. Non hai trovato affatto consenso, Adriano, per questa tua sparata, anzi…Non so nemmeno se chi ti ha applaudito d’istinto in sala si sia reso conto della gravità del consenso accordato alle tue affermazioni. Auspichi la chiusura di due giornali perché secondo te parlano troppo di politica e poi citi come esempio don Gallo? Mi spiace Adriano, vorrei farti conoscere centinaia, migliaia di preti e di cristiani che parlano di Dio ogni giorno, religiosi che con la loro scelta di vita parlano già della nuova Gerusalemme che ci attende dopo questa esistenza, di giornalisti che impastano ogni giorno la fede con la vita.
A loro dovresti chiedere scusa, Adriano, ai preti e ai frati che hai chiamato in causa a forfait, ai giornali di cui hai auspicato la chiusura e a quanti si sono sentito offesi dalle tue affermazioni de 14 febbraio sera.
Chiedere scusa pubblicamente, suggerirei, come pubblicamente li hai attaccati.  
L’epoca di Joan Lui è passata da tempo, forse è arrivato il momento di guidare guardando avanti lasciando che le nostalgie scompaiano sul retrovisore.                         
don Marco Sanavio, direttore del servizio informatico della diocesi di Padova

martedì 14 febbraio 2012

GIORNO DI S. VALENTINO : L’AUGURIO – PREGHIERA PIU’ BELLO E PIU’ VERO CHE POSSO RIVOLGERE PER GLI INNAMORATI, I FIDANZATI

L’AMORE VERO
 ESIGE,TI CHIEDE:  LIMPIDEZZA E PURITA’ DI CUORE, TENEREZZA E AUTODISCIPLINA, GIOIA SINCERA, ATTESA PAZIENTE, LAVORO SU DI TE E DISPONIBILITA’ AL SACRIFICIO PER UNA DONAZIONE LEALE ALL’ALTRO;
PERCIO’ L’AMORE VERO
SA DOMANDARE, INVOCA UNA PRESENZA, UNA FORZA PIU’ GRANDE, UNO CHE SIA L’AMORE EGLI STESSO.

S. VALENTINO, VESCOVO 
CHE BENEDICE I VERI AMANTI,  
 NON VUOLE LA BANALIZZAZIONE,
 L’IMPOVERIMENTO DELL’ AMORE… 
 LA RIDUZIONE ALL’ IDOLO COMMERCIALE, SENTIMENTALE O DA CONSUMO CORPOREO, 
SENZA VERA INTELLIGENZA E VOLONTA',
DI FATTO ASSERVITO AL POTERE DOMINANTE DEL MOMENTO, .....TUTT’ALTRO CHE “AMORE LIBERO”!   

    IL VERO S. VALENTINO  
VUOLE L’APERTURA A UN MISTERO INFINITO
LA MOBILITAZIONE DI TUTTE LE ENERGIE DELLE VOSTRE PERSONE,  DELLA VOSTRA MENTE E DEL VOSTRO CUORE, DELL’INTELLIGENZA E DELLA LIBERTA’ PER UNA VITA BUONA, 
UN AMORE MATURO E COMPLETO,  DA QUI ALL’ETERNITA’!!! 

UN COINVOLGIMENTO LEALE PERCHE’ LA VOSTRA VITA DIVENTI “CONSACRATA”  INSIEME, DEFINITIVAMENTE.

 QUESTO AMORE E’ QUELLO VERAMENTE LIBERO E DURATURO !
P. Agostino

lunedì 13 febbraio 2012

Movimento Ecclesiale Carmelitano - Scuola di Cristianesimo - DOMANDE PER I GRUPPETTI (P.Mauro)....ci si trova stassera...


Nel chiamare i suoi discepoli il Signore dice:"Vieni e Vedi.." 
Come rispondo alla richiesta :"Seguimi "?  Sto seguendo Lui?

Come sono Missionario? Come lo sto annunciando?

( SI PUO' TRASMETTERE L'AMORE SOLO SE SI E' SEMPRE UNITI A LUI  )

domenica 12 febbraio 2012

CRISTO E' QUALCOSA CHE MI STA ACCADENDO !

"L’avvenimento non identifica soltanto qualcosa che è accaduto e con cui tutto è iniziato, ma ciò che desta il presente, definisce il presente, dà contenuto al presente, rende possibile il presente. Ciò che si sa o ciò che si ha diventa esperienza se quello che si sa o si ha è qualcosa che ci viene dato adesso:
c’è una mano che ce lo porge ora, c’è un volto che viene avanti ora, c’è del sangue che scorre ora, c’è una risurrezione che avviene ora.
Fuori di questo “ora” non c’è niente!
Il nostro io non può essere mosso, commosso [fino ad essere affascinato], cioè cambiato, se non da una contemporaneità: un avvenimento.
Cristo è qualcosa che mi sta accadendo"

Se facciamo il paragone tra il modo in cui tante volte parliamo del cristianesimo e questa descrizione che ne dà don Giussani, possiamo misurare la lontananza che provoca in noi il fatto di darlo per scontato, come un già saputo, e possiamo vedere quanto siamo inconsapevoli della riduzione che operiamo facendo così.

«Allora, perché quello che sappiamo - Cristo, tutto il discorso su Cristo - sia esperienza, occorre che sia un presente che ci provoca e percuote: è un presente come per Andrea e per Giovanni è stato un presente.
Il cristianesimo, Cristo, è esattamente quello che fu per Andrea e Giovanni quando gli andavano dietro; immaginate quando si voltò, e come furono colpiti! E quando andarono a casa sua…
È sempre così fino adesso, fino in questo momento!»

PRIMA DI PARTIRE PER UN LUNGO VIAGGIO (Irene Grandi)....canzone usata per ricordarci che Gesù ci chiama a seguirlo come i primi discepoli...

SCUOLA DI CRISTIANESIMO - VIAGGIO NEL VANGELO - IL LIBRO E' SU GOOGLE LIBRI PER ESSERE LETTO E MEDITATO...ecco il link..

http://books.google.it/books?id=9RKx9r9_hJ4C&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false

sabato 11 febbraio 2012

IN RICORDO DI LOURDES E BERNADETTE....UN MIRACOLO NEL MIRACOLO

 
Oggi 11 Febbraio si ricorda l'apparizionedi Maria Santissima a Bernadette a Lourdes
Ho voluto mettere questo video per farci capire il miracolo nel miracolo
(anche il corpo è salvato...PER CHI HA CONOSCIUTO L'IMMACOLATA...)

INCONTRARE GESU' CRISTO....."Parrocchie svegliatevi!!" INTERESSANTE ARTICOLO E LIBRO

http://www.apostolidellareginadellapace.com/articoli/%C2%ABparrocchie-%C3%A8-tempo-di-svegliarsi%C2%BB

Mentre stiamo parlando degli incontri di Gesù,leggiamo questo interessante articolo per capire meglio come  mai le "strutture" della Chiesa  sembrano sono sempre più  svuotarsi.....Nell'articolo si parla di incontro tra persona e persona.....(Per Gesù siamo come unici al mondo...)
"Dobbiamo ripartire dal rapporto uno a uno, accompagnare le persone. Nessuno ha cominciato a fare perché era preparato, ma chiamato da Gesù, servendo lui e i fratelli, ha acquisito ciò cui aveva bisogno passando anche – come fu per Pietro e Paolo – attraverso i propri fallimenti e le proprie debolezze"

venerdì 10 febbraio 2012

giovedì 9 febbraio 2012

I VOLTI DI GESU' NELL'ARTE ......"Chi cercate ?."

Attraverso questo video,ho l'impressione di ritrovarmi davanti a Gesù,
col volto che mi appare di volta in volta diverso ma sempre rivolto a me come per interrogarmi....
"Tu ,Chi dici che io sia?" "Sì...Tu solo Signore hai parole di vita eterna.".
E noi dobbiamo imparare ad ascoltarle come in un  faccia a faccia.. Walter
NON NASCONDERMI IL TUO VOLTO

Salmo 26
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”;
il tuo volto, Signore io cerco.
Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto.
Mostrami, Signore, la tua via, guidami sul retto cammino,
a causa dei miei nemici.
Non espormi alla brama dei miei avversari;
contro di me sono insorti falsi testimoni che spirano violenza.
Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.

mercoledì 8 febbraio 2012

I DODICI APOSTOLI....CONOSCIAMOLI MEGLIO...

Stiamo parlando nella nostra Scuola di Cristianesimo dei primi chiamati da Gesù...impariamo a conoscerli meglio..

I primi discepoli di Gesù, da Lui chiamati e divenuti Apostoli sono: Simone, detto dal Maestro "Cefa", poi tradotto in Pietro; Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, definiti da Cristo come "figli del tuono" Andrea, fratello di Pietro, Filippo, Bartolomeo o Natanaele, Matteo, dapprima chiamato Levi, Tommaso, detto Didimo, cioè "Gemello", Giacomo di Alfeo e Giuda il Taddeo o Lebbeo, suoi cugini, Simone il Cananeo, detto "lo Zelote", o "lo Zelante"e Giuda di Simone, detto l'Iscariota. Al posto di Giuda Iscariota, poi, per sorteggio tra due pretendenti, verrà annoverato tra i 12 apostoli San Mattia.
All'infuori di Matteo che era un esattore delle tasse e quindi aveva una "posizione", come si direbbe oggi, tutti gli altri erano pescatori e qualcuno di loro aveva anche famiglia. Non erano dunque istruiti e faticavano anche a capire le parabole che Gesù, pur parlando con semplicità, spesso diceva.  Uomini, insomma, con difetti comuni a tutti gli altri, che però furono chiamati a diventare di Cristo, ad operare per Lui e a condurre a Lui tutte le genti della terra attraverso la Chiesa, che da loro verrà detta "apostolica".

SAN PIETRO
San Pietro, pescatore di Galilea, dopo aver incontrato e seguito Cristo - "Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa" - diventerà pescatore d'uomini, come annunciato dal Maestro. Facile a lasciarsi trascinare dagli impulsi ma fedele e pieno di fervore, Pietro riconoscerà in Cristo la natura divina ed Egli lo investirà di autorità: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli"
Purtroppo, proprio per l'impetuosità e l'alternanza dei suoi moti d'animo dettati dalle umane incertezze e debolezze, avrà paura e tradirà - così come Gesù gli aveva predetto - il suo Maestro, pentendosene amaramente subito dopo e impegnando tutte le sue energie per riscattarsi.
La tradizione vuole che, essendo stato condannato alla crocifissione, per umiltà nei confronti del Redentore, ucciso nello stesso modo, abbia chiesto di essere crocifisso a testa in giù. Là sul colle Vaticano dove venne martirizzato, venne poi innalzata una cappella che, durante il regno di Costantino diventerà una grande basilica, ampliata poi, come oggi appare.
La sua festa liturgica viene celebrata, unitamente a quella di San Paolo il 29 Giugno.

SANT'ANDREA
Andrea, nato a Betsaida, fratello di Pietro, pescatore anche lui e discepolo del Battista sarà presente, insieme con l'Apostolo più giovane, quando Giovanni affermerà: "Ecco l'Agnello di Dio". E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù."
Insomma, è tra i primi due ad essere "chiamato" e si affretterà ad avvicinare Gesù, a credere in Lui e poi a seguirLo, trascinando anche il fratello ed altri alla sua sequela, dicendo loro: "Abbiamo trovato il Messia!"
Anche lui, dunque, diventerà 'pescatore di uomini'. Nel Vangelo viene segnalato nella moltiplicazione dei pani e dei pesci e quando con Filippo presenta a Gesù dei Greci; viene ancora citato quando con Pietro, Giacomo e Giovanni è sul monte degli Ulivi e, infine, il suo nome appare nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli, nominato insieme a quelli che vanno a Gerusalemme dopo l'Ascensione.
Secondo fonti tradizionali, Andrea verrà crocifisso a Patrasso (è, infatti, molto venerato tra i Greci), su una croce a forma di X.
Sembra che successivamente il suo corpo, tranne il capo, venne trasportato a Costantinopoli, dove sarebbe rimasto fino alla quarta crociata, quando le sue reliquie furono portate in Italia, nel Duomo di Amalfi. La testa, invece, durante l'occupazione turca della Grecia fu trasferita in San Pietro dove sarebbe rimasta per cinque secoli, finchè cioè Papa Paolo VI non la fece restituire alla Chiesa greca. Viene ricordato dalla chiesa il 30 Novembre.

GIUDA ISCARIOTA O GIUDA DI SIMONE
Figlio di Simone, detto l'Iscariota forse come derivante dalla parola "sicar" - sicario è il "portatore di pugnale (sica)" - cioè seguace di un partito nazionalista che combatteva l'occupazione romana, è sempre citato come ultimo Apostolo e con il marchio del suo tradimento.
Come evidenziato nei Vangeli, sembra essere stato incaricato da Gesù stesso di occuparsi della cassa: "Alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri" e probabilmente era l'uomo giusto al posto giusto in quel momento.
Come gli altri Apostoli, comunque, aveva ricevuto il comando di predicare il regno di Dio con la potestà di cacciare gli spiriti immondi e di guarire gli infermi. Uno tra i tanti, insomma, con difetti e pregi come gli altri,ma evidentemente per essere stato "chiamato" doveva di sicuro avere delle doti personali molto spiccate.
Nei Vangeli, oltrechè in occasione del suo tradimento, Giuda viene menzionato anche nell'episodio relativo all'unzione di Cristo da parte della Maddalena, gesto di amore e riverenza che suscita in lui un moto di stizza perchè da lui ritenuto eccessivo e costoso, avendo mentalmente calcolato che il costo dell'unguento avrebbe potuto sfamare molti poveri.

SAN MATTEO
Levi, nato a Cafarnao, era un pubblicano, cioè un esattore delle tasse per conto dei romani invasori, che stabilivano le somme da esigere e che li ritenevano responsabili delle cifre stabilite. Per questo, gli esattori, che dovevano anticipare all'amministrazione le tasse dovute, per lo più "arrotondavano" le cifre stabilite per compensare eventuali disavanzi ed erano per questo - come del resto, non mi sembra diverso oggigiorno - alquanto invisi al popolo.
Nonostante ciò, Gesù lo guardò e lo chiamò, dicendo "Seguimi". "ed egli si alzò e lo seguì" senza indugio, senza riserve, senza pensare che stava abbandonando i suoi averi terreni per ben altri beni spirituali. La sua presenza nel gruppo che seguiva Gesù era piuttosto criticata perchè ritenuto, prima di tutto un "venduto" ai romani e poi un peccatore. Ma Gesù era il medico venuto a guarire non i sani ma gli ammalati dello spirito e la presenza di Matteo servì forse a fargli avvicinare altri "peccatori" del genere
Essendo uno dei pochi che sapesse scrivere, iniziò la redazione del suo Vangelo - il più antico dei quattro - forse una diecina d'anni dopo la morte di Gesù, quando ancora molti testimoni dei fatti avvenuti erano in vita. I suoi scritti vennero trovati, secondo una rivelazione di San Matteo stesso nella tomba di Barnaba.
Si dice che abbia evangelizzato l'Etiopia dove pare sia morto e molte sue reliquie si trovano in varie chiese romane e a Salerno, di cui è Patrono e dove sembra che i suoi resti abbiano prodotto per molti anni, una sostanza particolare, chiamata "manna".
La sua festa liturgica è il 21 Settembre.

SAN GIOVANNI
Fratello di Giacomo il Maggiore e quindi figlio di Zebedeo e pescatore a Betsaida, è tra i primi a seguire Cristo nel suo lungo cammino fino alla Croce, sempre pronto all'ascolto e alla interiorizzazione di ciò che Gesù dice e l'unico a seguirlo fisicamente attraverso la via dolorosa, dal processo sino al Calvario, poichè gli altri si disperderanno per paura.
A lui, che nel suo Vangelo si defnisce "il discepolo che Egli amava", Gesù, per la sua lealtà e trasparenza, per la predilezione che gli suscitava la sua purezza d'animo ed il suo affetto, affiderà la Madre che Giovanni, simbolo di tutti i cristiani di cui Maria è Madre, accoglierà nella sua casa.
Insieme a Pietro è colui che più volte viene menzionato nel Vangelo e che con il discepolo più anziano e più autorevole, sarà testimone dei numerosi miracoli di Gesù e dei momenti più salienti della Sua vita.
Autore, in età già molto avanzata, del quarto Vangelo e dell'Apocalisse, ultimo libro del nuovo Testamento redatto dopo una visione, era riuscito a penetrare nell'essenza del mistero di Gesù, vero Dio e vero Uomo, amore e bene infinito o come diceva: « Dio è carità » e soltanto in quell'amore di Dio si poteva trovare felicità e salvezza.
Secondo le fonti avrebbe vissuto ad Efeso con la Madonna, sarebbe stato esiliato a Patmos, per ritornare poi ad Efeso dove morì.
La sua festa liturgica è il 27 Dicembre.

SAN GIUDA TADDEO
San Giuda, fratello di Giacomo Apostolo, cugino di Gesù poichè figlio di Alfeo e di Maria di Cleofe, sorella della Vergine Maria, venne detto anche "Taddeo", da "Thad" che vuol dire "dolce, misericordioso, amabile, generoso, magnanimo", oppure "Lebbeo", cioè coraggioso. Si può dire che sia stato il primo discepolo di Maria e di Gesù, perchè da bambino senz'altro come parente li frequentò entrambi. A causa del nome Giuda, purtroppo, talvolta viene confuso con l'Iscariota e quindi non molto considerato. Derivante da questo bel nome ebraico, una delle 12 Tribù, quella da cui sarebbe poi nato il Messia.
Giuda fu quindi tra i primi ad essere interpellato dal Maestro e si dice che fosse lo sposo delle nozze di Cana a cui, quindi, come parenti, erano invitati anche la Madre e il Figlio. Nei Vangeli, la sua presenza viene sottolineata solo una volta, nell'ultima Cena, quando gli domanda: "Signore, che cosa è avvenuto, che tu debba manifestarti a noi e non al mondo?".
E Gesù gli risponde: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l'amerà e verremo a lui, e faremo una cosa sola".
Sicuramente seguì Gesù senza reticenze per tutta la vita, impegnandosi a divulgare il Verbo, non solo in Patria ma anche in Mesopotamia o in Libia e infine in Persia, dove sembra si sia ricongiunto con l'Apostolo Simone e dove entrambi sarebbero stati martirizzati. Vengono ricordati dalla chiesa il 28 Ottobre e san Giuda è considerato il Patrono delle cause senza speranza.

SAN MATTIA
Il suo nome in ebraico vuole dire "Dono del Signore".
San Mattia prese il posto di Giuda Iscariota tra gli Apostoli che, dopo aver deciso la sostituzione: "Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione» e dopo aver pregato Dio di illuminarli nella scelta, lo elessero per sorteggio.
I candidati erano due, Mattia uno e l'altro era Giuseppe detto Barsabba, soprannominato "Il Giusto". Entrambi avevano sicuramente vissuto alla sequela di Cristo "fin dal Battesimo di Giovanni" ed erano stati anche testimoni della sua Risurrezione e della Pentecoste. Questi, infatti, erano i requisiti che doveva avere il nuovo Apostolo.
La scelta cadde, dunque, su Mattia di cui non si hanno notizie dettagliate e certe, nè per quanto concerne la sua opera apostolica nè per quanto riguarda le circostanze della sua morte. Viene ricordato liturgicamente il 14 Maggio, data presumibilmente vicina a quella della sua elezione.

SAN FILIPPO
San Filippo, nato a Betsaida come Giacomo e Giovanni, nel Vangelo è citato poche volte, ma sempre in situazioni di una certa rilevanza.
La prima quando presenta a Gesù l'amico Bartolomeo-Natanaele, che si unirà al cammino del Maestro, poi quando Gesù, commosso dinanzi alla gran folla radunata, a lui si rivolge, dicendo : "Dove compreremo il pane, perchè questa gente possa mangiare?", ma Filippo non comprende appieno ciò che Gesù sta dicendo. Di nuovo viene citato quando si occupa di portare a Gesù dei non credenti e nell'ultima Cena, quando il Cristo parla loro della Trinità e poiché l'Apostolo sembra non comprendere Gesù, chiamandolo per nome, gli risponde:: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre... Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre è in me?...»
Poi non si sa più nulla di lui, neanche come morì. La tradizione dice che evangelizzò alcune città della Samaria e della Frigia, dove compiva miracoli..
Sembra che abbia trovato la morte a Gerapoli, crocifisso sotto Domiziano o Traiano e le sue reliquie sono, insieme a quelle di San Giacomo il Minore, nella chiesa dei SS.Apostoli. La chiesa dunque li festeggia insieme il 3 Maggio.

SAN BARTOLOMEO
Figlio di Tholmai (Tolomeo) - questo il significato del nome - Bartolomeo viene identificato anche come Natanaele, così lo definisce Giovanni nel suo Vangelo.
Egli viene trascinato dal suo amico Filippo a seguire il Messia, ma sulle prime egli è dubbioso "Può mai venire qualcosa di buono da Nazaret?", ma poi va e Gesù appena lo vede lo apostrofa con un: "Ecco un israelita in cui non vi è falsità". Non accade spesso che vengano riportate le parole di Gesù dirette ad un apostolo, ma queste sono così esplicative da sole che già fanno intravedere il luminoso cammino dell'Apostolo sulle vie del Signore. Egli dunque, illuminato interiormente dirà: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!" e poi seguirà senza incertezze il Maestro, anche se della sua opera poco si sa dai Vangeli, se non che è tra quelli che vedranno il Cristo risorto sul lago di Tiberiade.
Sicuramente l'ha seguito fino alla fine, ammaestrando le folle (si dice che sia andato in Frigia e nel Ponto arrivando fino in India e in Armenia), coronando il suo percorso, secondo la tradizione, con il martirio: spellato vivo e poi decapitato o crocifisso.
La chiesa celebra la sua festa il 24 Agosto. Il suo corpo è deposto nella chiesa di San Bartolomeo all'Isola Tiberina in Roma.

SAN TOMMASO
Tommaso, detto Didimo, che tradotto significa "gemello", probabilmente anche lui pescatore sulle rive del Genazareth, giunto alla sequela di Cristo dopo i primi chiamati, viene citato varie volte nei Vangeli sempre in situazioni determinanti che ne definiscono la figura apostolica.
Viene infatti menzionato mentre manifesta la sua fedeltà al Maestro dicendo: "Andiamo insieme e moriamo con Lui", quando, chiamato da Marta e Maria per la malattia di Lazzaro, Gesù decide di tornare in Giudea, nonostante le minacce ricevute e il parere contrario dei suoi.
Ma il momento che viene più ricordato è quello in cui Tommaso, dopo aver messo in dubbio l'apparizione di Gesù agli altri Apostoli, proclama con tutto il suo essere, la sua fede in Cristo: "Mio Signore e mio Dio".
Pur se quasi sempre tacciato di incredulità, san Tommaso sembra destinato a dare le risposte più pregnanti ai nostri interrogativi, perchè troppo spesso anche noi dubitiamo e vorremmo vedere i "segni dei chiodi" e "mettere il dito nel posto dei chiodi e mettere la mano nel suo costato" per credere, per essere fedeli. Egli, quindi, rispecchia la nostra umanità che ci lega costantemente ai problemi terreni e che non ci permette di comprendere l'immensità dell'Uomo-Dio, e ci è di esempio nel professarGli la sua incondizionata adesione.
Di lui, dopo la morte del Redentore si sa poco o niente, sembra che abbia svolto la sua opera di evangelizzazione tra i Parti, i Medi e altri popoli e che recatosi poi in India, vi sia stato martirizzato.
La sua festa liturgica è il 3 Luglio.

SAN SIMONE
Simone, dall'ebraico "Dio ha esaudito", e forse il meno noto degli Apostoli, soprannominato da Luca "lo Zelote", forse perchè seguace del partito politico e religioso degli zeloti (che però non è certo esistesse già al tempo di Gesù, mentre da Matteo e Marco viene definito "il Cananeo", per indicare la sua città d'origine.
Molti identificano Simone con il cugino di Gesù, fratello dell’apostolo Giacomo il Minore, al quale secondo la tradizione sarebbe succeduto come vescovo di Gerusalemme. Ma, comunque, nonostante non vi siano altre notizie nei Vangeli, egli è uno degli Apostoli di Cristo, da Lui scelto personalmente - poichè aveva scrutato nel suo cuore e trovato amore e disponibilità - a Lui fedele sino alla fine, che portò la Parola a chi ancora non la conosceva.
La tradizione vuole, infatti, che con S. Giuda Taddeo abbia predicato in Mesopotamia e nelle dodici province dell'impero persiano dove, entrambi furono martirizzati.
La chiesa li ricorda insieme il 28 Ottobre.

SAN GIACOMO (IL MAGGIORE)
San Giacomo, fratello maggiore di San Giovanni e figlio di Zebedeo e di Salome, inizia subito a seguire Gesù che, mentre erano intenti al loro lavoro di pescatori, passando lungo le rive del lago di Genazareth li chiama. Entrambi accettano senza indugi, senza pensare al lavoro appena iniziato e che lasceranno per chissà quanto tempo - se non per sempre - senza sapere che sbocchi avrà il loro futuro, insomma senza esitazione alcuna, rivelando una prontezza e una fermezza d'animo che solo "Gesù che passa e chiama" può instillare nell'animo umano. Una simile, decisa risposta di Giacomo si avrà quando Gesù chiederà se vorranno seguirlo sulla via che conduce al calvario. L'Apostolo verrà difatti subito perseguitato in Gerusalemme per quel suo essere cristiano e prima condannato al carcere e alla flagellazione e successivamente verrà ucciso da Erode Agrippa.
San Giacomo è molto venerato in Spagna che, secondo un'antica tradizione, avrebbe evangelizzato e dove è noto come Santiago; nel IX secolo le sue reliquie sarebbero state ritrovate e conservate a Compostella, meta di pellegrinaggi da tutto il mondo, sin dall'antichità.. La sua festa liturgica è il 25 Luglio.

SAN GIACOMO (IL MINORE)
Di San Giacomo, detto il Minore - per distinguerlo dal fratello di Giovanni chiamato il Maggiore - o anche "Il Giusto", nel Vangelo non si dice nulla, tranne che viene annoverato tra i 12 e che era cugino di Gesù, essendo anch'egli come Giuda Taddeo figlio di Alfeo, nato probabilmente a Cana. Dagli Atti degli Apostoli, invece, sappiamo che nella chiesa di Gerusalemme occupava un posto di primo piano, anche per la parentela con il Maestro, tanto che probabilmente ne diventò Vescovo, dopo l'uccisione di Giacomo il Maggiore.
Pietro, dopo la liberazione dal carcere lo investirà con la sua autorità del il compito di portare la Parola ai neoconvertiti e sarà accanto a lui nel primo Concilio di Gerusalemme, tenutosi attorno al 50 d.C., per parlare sull'ecumenismo della Chiesa. Ebbe poi contatti con San Paolo che lo cita nella sua lettera ai Galati dicendo: «Degli Apostoli non vidi nessun altro se non Giacomo, il fratello del Signore».
Secondo la tradizione sarebbe stato condannato alla lapidazione dai sacerdoti del Tempio attorno al 62 ed il suo sepolcro si trova quindi a Gerusalemme, mentre la sua testa viene venerata nel Duomo di Ancona.
La sua festa liturgica viene celebrata dalla chiesa, insieme a quella di San Filippo, il 3 maggio.