mercoledì 25 aprile 2012

Se Cristo non fosse risorto, se non fosse vivo oggi, tutto ciò che è accaduto non sarebbe possibile».

Incontrati da Cristo...Testimonianza che voglio proporre e che mi particolarmente colpito..walter 

«Tu gli vuoi più bene a tuo marito?»
Il medico lo guarda: «Non faccia programmi a lungo termine. Non faccia mutui di dieci anni. E se vuole farsi una corsa, vada oggi. Perché forse domani non potrà più». Ugo ha saputo così di avere la Sla. Silvia era lì, seduta accanto al marito con il pancione di sei mesi. Aspettava la seconda figlia, Letizia, che oggi ha la stessa età della malattia: due anni e mezzo. Quando è nata, è uscita dall’ospedale in braccio al padre seduto nella carrozzina, spinta dalla madre: «Sembrava avesse partorito lui!». La risata di Silvia è limpida ed è uno squarcio. Ti fa vedere meglio tutto, la prova che vivono ogni secondo della giornata e la grazia che li visita.
La diagnosi è del 2009, dopo quattro anni di matrimonio. Ugo ne aveva quarantaquattro, e ha iniziato ad avere una stanchezza esagerata. Poi ad incespicare con un piede. È ingegnere, lavorava in un’azienda di componentistica per elettrodomestici. «E ha continuato a farlo imperterrito, come se nulla fosse», dice Silvia. Ma un mese alla volta si è fermato qualcosa. Prima le gambe, poi il diaframma, poi la lingua. Ed ogni colpo era un aiuto in più a cui cedere: la carrozzina, poi il ventilatore per respirare, poi la peg, il tubicino che lo alimenta. Ora il comunicatore, perché Ugo muove solo gli occhi. Guarda le lettere e il computer riproduce le parole. Una lettera alla volta, pianissimo, in silenzio. E Silvia attende, tutto il tempo che ci vuole. Anche solo per un ciao.
«Ogni passaggio, ogni peggioramento, ha significato una scelta, e quindi immense discussioni tra noi. Lui non accettava». E tu? «Ho fatto quello che fa una moglie: stargli accanto per farlo ragionare. Per cercare di scegliere insieme il bene». I muscoli di Ugo sono sani, cioè sente tutto, il dolore e le carezze. È che non può controllarli. Non può abbracciare i figli, e il suo volto ha perso l’espressività. «È un dolore anche questo», dice Silvia: «Non sai se sta ridendo o se è arrabbiato. Ma generalmente è arrabbiato…», ride. Lei sta imparando ad amare questa arrabbiatura. «Ho dovuto imparare tutto. Innanzitutto a chiedere aiuto. Come lui, che ha dovuto accettare di dipendere. E di vedere che la vita ti scorre intorno come prima e tu non puoi partecipare come vorresti». Ma la vita che gli gira intorno non è proprio come prima. È molto di più. «È esplosa». Negli ultimi due anni, in questa casa saranno passati almeno duecento ragazzi, con cene di dodici alla volta. E gli amici, senza tregua. «Per aiutarci in tutto. È vero che io ho imparato a chiedere, ma la cosa incredibile è stata la risposta. Innanzitutto dalla comunità di Dergano, che è stata qui, ogni giorno». Vengono anche le classi intere di catechismo, ché il prete le porta a vedere che cos’è la Comunione nell’Eucaristia a un malato: i bambini si mettono qui per terra, stanno a lungo fermi in silenzio. Poi le chiedono «ma tu gli vuoi più bene a tuo marito?».
Silvia, quando parla di lui, sembra parlare di "un'opera". E come chi porta avanti una grande opera, chiede preghiere. E ciò di cui ha più bisogno. «Io sono certa alla mattina, perché so che c’è qualcuno che sta pregando per me. Questa è la compagnia più grande: si è scatentata, proprio scatenata, una catena di preghiere impressionante. C’è una quantità di preghiere per noi che ci sostiene fisicamente nella fatica del quotidiano, che non passa, anzi è sempre più critica. Ma questa apertura l’ho imparata da Ugo, che è un uomo di fede, grande».
Il mutuo l'ha fatto lo stesso. Di trent'anni .“Ugo io ho bisogno di vederti, e di vedere come ti guarda Silvia, per imparare a voler bene a mia moglie”… Quando senti questo, capisci che porti qualcosa di grande e non puoi rifiutarlo». Dice di aver capito che è vero che il Signore non ti chiede niente di più di quello che puoi portare. «Ma neanche niente di meno. Bisogna imparare a dare tutto. E io ho una grazia grandissima, perché voglio bene a Ugo proprio come uomo, perché c’è, perché mi è dato. Come i miei figli. Ma se questa prova non fosse accompagnata come lo è, non potrei vivere così. Se Cristo non fosse risorto, se non fosse vivo oggi, tutto ciò che è accaduto negli ultimi due anni e mezzo in questa casa non sarebbe possibile». (Testimonianza tratta dal mensile "Tracce")

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